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La lotteria dei flussi e le criticità normative

by Redazione

Mettere in regola un lavoratore straniero, in Italia, non è molto semplice, questo per criticità normative e lentezze burocratiche.
Secondo quanto dispone il d.lgs. 286/98, il Testo unico sull’immigrazione, lo straniero che intende lavorare nel nostro Paese deve arrivarvi nell’ambito di quote stabilite annualmente da un decreto, il decreto flussi, con cui si fissa il tetto massimo di cittadini non comunitari che possono entrare, all’anno, in Italia per motivi di lavoro autonomo e subordinato; in quest’ultimo caso, è, inoltre, necessaria la stipula del c.d. “contratto di  soggiorno”, introdotto dalla legge Bossi-Fini, per cui lo straniero può fare ingresso sul territorio nazionale solo in presenza di una prestazione lavorativa certa e definita con un datore di lavoro.

I meccanismi previsti sono, però, di difficile applicazione e non sempre adeguati alla dinamiche reali.
Di fatto, spesso gli stranieri che si intende assumere sono già sul territorio nazionale impiegati per lo più in modo irregolare. Questo perché difficilmente si assume lavoratori direttamente dall’estero senza una diretta conoscenza, soprattutto quando si parla di colf e badanti. Ma anche perché, a volte, prevale l’interesse all’impiego di manodopera irregolare, quindi a basso costo e facilmente ricattabile, con conseguenze dell’innesco di meccanismi di concorrenza sleale e, dunque, distorsivi del buon funzionamento del mercato del lavoro.
In ogni caso i “vincitori della lotteria dei permessi” devono uscire dal territorio nazionale da irregolari per recarsi nei Paesi d’origine, per poi rientrarvi con i documenti in regola, secondo quanto disposto dalla legge.

Inoltre, le quote di ingressi fissate dai decreti flussi non sempre soddisfano la richiesta di lavoratori stranieri da parte del mercato del lavoro italiano.
Nel 2006, è stato necessario emanare un secondo decreto integrativo del primo, incapace di assorbire tutte le pratiche presentate e indicative di un rapporto lavorativo in essere, per un totale pari a 470 ingressi previsti. Nel 2007 il decreto flussi si è fatto attendere al lungo, essendo stato pubblicato a fine anno, il 30 novembre, in seguito alle difficoltà di smaltire le pratiche dell’anno precedente. Ma ancora una volta le richieste inviate hanno superato di gran lunga i posti resi disponibili: le domande di assunzione pervenute sono state 711mila contro 170mila previste per decreto. Dinamiche che oltre a mostrare l’inadeguatezza dei meccanismi predisposti, mettono in luce la presenza di una consistente fetta di immigrazione irregolare presente sul nostro territorio.

Si pone, poi, anche il problema delle lungaggini e farraginosità delle procedure di esame delle pratiche. Per il decreto 2006, l’esame delle domande hanno tenuto occupati gli uffici competenti gli per oltre 18 mesi e per il decreto 2007, il Viminale ha reso noto che, alla data del 17 marzo, sono solo 6.600 i nulla osta consegnati e 277 le pratiche chiuse. Senza considerare le continue modifiche relative alle modalità di presentazione dei modelli di assunzione che sono andate dalle interminabili file davanti alle poste ai “clic day” con l’invio delle domande via internet.

È chiaro che bisogna procedere ad una riorganizzazione e riforma del sistema sia in termini normativi che in quelli procedurali. Occorre procedere ad una revisione della normativa in materia, per un governo degli spostamenti umani efficace ed adeguato, con un’azione di modifica della legge di sistema insieme alla predisposizione di molteplici misure che investano il fenomeno migratorio nel suo complesso e trasversalmente, per giungere all’elaborazione di un testo di riforma condiviso e ad una governance coordinata. In vista del raggiungimento di questo ineludibile obiettivo, si  potrebbe, comunque, iniziare con una misura che si palesa impellente: l’emanazione di un nuovo decreto flussi volto ad assorbire tutte le domande valide già presentate a dicembre 2007.

Maria Carla Intrivici

(26 marzo 2008)


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