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La Francia e la nuova legge sull’immigrazione

by Redazione

La Francia si prepara ad una nuova “guerra”. Dopo le proteste e gli scontri di piazza per il Contratto di primo impiego (Cpe), si apre un nuovo fronte per il Governo francese, quello relativo alla riforma del CESEDA, il Codice che regola l’ingresso, il soggiorno e il diritto all’asilo dei cittadini non comunitari.

Il progetto di legge, che verrà presentato la prossima settimana all’Assemblea nazionale, ha suscitato perplessità e critiche soprattutto da parte della Chiesa e della sinistra, nonché dal mondo associativo che si dichiarano fortemente preoccupati dalla nuova normativa e ne denunciano aspramente gli aspetti deleteri.

La parte centrale della nuova normativa riguarda la reintroduzione dell’immigrazione per lavoro – da oltre 30 anni non considerata in Francia – definita “immigrazione scelta” che il Ministro dell’Interno francese Sarkozy, fautore della riforma, contrappone alla cosiddetta “immigrazione subita”, rappresentata da tutti gli stranieri soggiornanti nel Paese per motivi di “vita privata e familiare”, da scoraggiare con tutti i mezzi. Si tenderà, inoltre, a limitare la possibilità di ingresso ad alcune categorie di lavoratori compatibilmente con lo sviluppo e il progresso della nazione. In questa prospettiva nasce un nuovo permesso di soggiorno quello per “talenti e competenze”, grande novità ed emblema dell’“immigrazione scelta”, permesso di validità triennale rivolto a studenti, ricercatori e personalità. Si allungano, tra l’altro, i tempi per i ricongiungimenti familiari, si complicano le procedure per l’ottenimento della cittadinanza e si chiede allo straniero la conoscenza della lingua francese nonché l’osservanza delle leggi, pena l’espulsione dell’intera famiglia.

La Francia, dopo gli scontri nelle banlieue in autunno, le devastazione e le violenze dei casseurs nei successivi episodi, testimonianze del profondo degrado delle periferie francesi, corre ai ripari, si appresta a reagire, a trovare una soluzione per fronteggiare una situazione sempre più ingestibile e pericolosa.

Ma è la via più corretta?

La proposta di introdurre il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, novità che più delle altre stravolge la normativa francese in vigore, avvicina la legislazione francese a quella di alcuni paesi europei e in particolar modo a quella italiana attraverso il meccanismo del contratto di soggiorno. Il rischio è, però, quello di ridurre lo straniero a mera forza lavoro, di annullarlo nella sua dimensione umana e di concepirlo esclusivamente come fattore lavoro di pochi costi e limitate pretese, di importante apporto economico per lo sviluppo economica della comunità, ma privo quasi del tutto del riconoscimento di importanti diritti.

La traiettoria e l’ispirazione del provvedimento annunciato riconfermano un duplice deficit di cultura politica comune alle principali destre europee: da un lato si registra una sensibilità occasionale sui diritti umani e civili che vengono soppressi in periodi ritenuti difficili; dall’altro si manifesta l’incapacità di capire che dare lavoro senza dare cittadinanza e diritti mette in pericolo l’equilibrio della società nel suo insieme.

Realmente la riforma porterà da una situazione di disoccupazione ed esclusione ad una di integrazione sociale e lavorativa dei cittadini stranieri?

(3 maggio 2006)


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