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Statistiche sull’immigrazione in Italia, alcuni segnali positivi.

by Redazione

Giorni di fine d’anno, giorni di bilancio per tutti. Una serie di statistiche relative all’immigrazione – apparentemente contraddittorie anche fra loro – ci rassicurano un po’ di fronte ai tradizionali timori presenti nel nostro Paese, soprattutto sulle questioni: “sicurezza”, occupazione e integrazione dei migranti.

Potremmo dire sintetizzando: non solo badanti e/o spacciatori.

In alcune regioni d’Italia sono concentrati i migranti che svolgono lavori di assistenza domiciliare. Nel Lazio le domande di regolarizzazione, presentate nel 2003, per il 60,3% riguardavano questo tipo di attività.
Per quanto riguarda i fenomeni delinquenziali i dati di un’indagine di Marzio Barbagli del dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna – il quale indaga da alcuni anni sul rapporto tra immigrazione e criminalità – sono inquietanti. Le regioni del Nord, in particolare le periferie, mostrano l’emergenza dei cosiddetti “clandestini indesiderati” di prima generazione. Basti pensare che a Padova nel 2005 il 64,5% degli arresti per droga ha riguardato gli stranieri. Secondo i dati nazionali sulle tossicodipendenze, nel 2005, quasi la metà dei reclusi per droga sono migranti, che rappresentano per gli stranieri il 54% rispetto agli altri reati. D’altra parte bisogna considerare che buona parte degli stranieri arrestati o denunciati è irregolare.

Sul versante economico il Sole-24 Ore fornisce in questi giorni alcuni dati interessanti. Ci informa che il contributo dato dai lavoratori non italiani al PIL nel 2005 è stato del 6,1%. Differenziato tra settori: soprattutto nei servizi domestici, 80,2%, 11,4% in agricoltura, 5,9% nell’industria in senso stretto, 13,6% nelle costruzioni, 4,3% negli altri servizi. In effetti, basti considerare che il tasso di occupazione – secondo gli ultimi dati ufficiali ISTAT per il 2006 – è 67,2%, con un incremento di +172 mila unità (105mila uomini e  67mila  donne) contro il 58,4% del dato riferito agli italiani.
Un’altra informazione: al netto dell’effetto immigrazione il risparmio ed i consumi italiani sono rimasti pressoché stabili. Il modesto incremento nei consumi, + 0,6 dal 2003, è dovuto alle spese degli immigrati, mentre i 12,3 miliardi della parsimonia degli stranieri hanno dato una spinta verso l’alto, 14% nel 2005, contro il 12,2 nel 2000.
Il Rapporto Censis 2006 segnala, in particolare, il confortante dato in forte crescita relativo agli extracomunitari titolari di impresa, circa 200 mila nel 2005, che mette in discussione lo stereotipo dell’immigrato ai margini della scala sociale per occupazione, se non primo tra la popolazione criminale. Titolari di impresa non solo nei settori tradizionali, quali costruzioni, agricoltura e pesca, commercio, ma anche nel settore informatico e delle telecomunicazioni, importanti per la crescita economica del nostro Paese. Gli immigrati che fanno impresa in tali comparti sono in prevalenza uomini. Sono per il 67,1% imprenditori, tra i 30 e i 49 anni, i quali lavorano nel settore dell’informatica, mentre salgono al 72,1% nel settore delle poste e telecomunicazioni.
Nell’ambito delle imprese individuali (dati Unioncamere, fine 2006), le quali rappresentano circa il 50% (3,3 milioni) del totale delle imprese, per il 5,78% sono costituite da immigrati pari a 202.013, con un notevole incremento nelle Province di Roma, Torino e Brescia.
Il Censis mette in rilievo alcuni fattori di coesione sociale: la scarsa concentrazione della presenza straniera a livello territoriale e l’eterogeneità delle zone di provenienza: nelle due metropoli, Roma e Milano, gli immigrati non superano il 9% della popolazione, mentre in Italia sono presenti quasi 200 cittadinanze. Permane uno squilibrio, legato all’offerta lavorativa, tra le regioni del Nord, che assorbono circa il 60% degli immigrati e quelle del Sud, con il 14%, dove i processi di integrazione sono meno avanzati a causa della minor presenza del tessuto associativo e del terzo settore, ed un minore intervento pubblico.
Tra i fattori di rischio si evidenzia “il disagio abitativo, che aumenta considerevolmente quando si considera l’area dell’irregolarità: la clandestinità comporta spesso, quale diretta conseguenza, situazioni di emarginazione sociale, ovvero condizioni di vita che corrispondono a vere e proprie forme di schiavitù”.

Dal punto di vista demografico viene confermato da varie fonti il così detto beneficio proveniente dall’immigrazione. La crescita della popolazione straniera residente in Italia ha compensato il calo demografico della popolazione autoctona. Infatti, il saldo naturale degli immigrati è positivo: +48 mila, mentre quello dei cittadini italiani è negativo, -62 mila (2005).
L’andamento positivo delle nascite a Roma a partire dal 1999 è dovuto in buona parte al contributo della componente straniera a fronte della costante diminuzione negli ultimi venti anni della popolazione residente. L’incidenza sul totale dei nati è aumentata dal 6,3 al 10,1% tra il 1998 e il 2004. Questa dinamica demografica potrebbe portare a un incremento della quota dei nati da migranti dall’attuale 13% a 24-32% nei prossimi anni (Ufficio di Statistica del Comune di Roma).

Non c’è dubbio, politiche che promuovono e promuovano la coesione sociale, e la previsione di nuovo sistema di diritti di partecipazione e rappresentanza per i residenti di provenienza immigrata fanno e potranno fare la differenza.

Dario Porta

(21 dicembre 2006)

 


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