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No dell’Irlanda al Trattato Ue

by Redazione

 

Riuniti a Lussemburgo, il 16 giugno scorso, i Ministri degli esteri dell’Ue dopo il no dell’Irlanda al Trattato di Lisbona che porterebbe delle novità sul piano istituzionale e sul processo decisionale: l’istituzione della presidenza europea, la maggioranza qualificata per adottare atti anche nel settore della giustizia penale e del controllo delle frontiere esterne.

 

Il Trattato è stato già approvato da 18 dei 27 Paesi membri con il voto dei Parlamenti nazionali, si attende la prossima ratifica di Francia e Paesi Bassi che con il referendum del 2005 avevano bocciato la Costituzione europea. A luglio si prevede l’approvazione del Parlamento italiano.

Da osservare che l’Irlanda, che è entrata nella Comunità europea nel 1973, è un Paese il quale rappresenta meno dell’1% della popolazione Ue – hanno detto no 862.415 irlandesi, il 53,4 dei 2,6 milioni di votanti – ma d’altra parte è indubbio che da tempo, dagli estenuanti negoziati della Convenzione europea 2003, che le modifiche costituzionali proposte dalle istituzioni europee sono state oggetto della mancata approvazione di nazioni di gran lunga più grandi.

Il Presidente francese Sarkozy ed il cancelliere tedesco Merkel dopo il recente appello per un “patto europeo sull’immigrazione” così come alcuni ministri europei, compreso l’italiano Frattini, insistono sulla necessità di andare avanti con le ratifiche al Trattato contando sullo “spirito europeo”, che anche nel nostro Paese non è certo venuto meno.
Indubbiamente questo risultato indica la percezione di una distanza tra le istituzioni europee ed i cittadini, nonostante la necessità di politiche comuni su alcune questioni come i fenomeni migratori, mentre le stesse spesso alimentano le paure dei cittadini europei, spingendo i singoli governi a misure unilaterali, in questo momento per lo più restrittive.

Ci si trova ancora un volta nella storia di questa istituzione al “dilemma”, se tornare indietro o invece adottare alcune politiche comuni e condivise nell’Ue, come previsto dal Trattato di Lisbona, e, nello stesso tempo assegnare un compito ineludibile alle classi dirigenti europee, ai governi nazionali, non ultimi i Parlamentari europei, quello spiegare i costi che l’interruzione del processo di integrazione europea porterebbe per tutti, oltre ai benefici, non solo acquisiti, anche per gli amici irlandesi.

Il Prossimo summit Ue del 19-20 prossimi sarà il primo incontro dei Capi di governo dei Paesi membri, utile per schiarirsi le idee e riprendere il cammino interrotto dell’Europa, mentre procede il dibattito presso le istituzioni europee sulle regole comuni contro l’immigrazione illegale (la direttiva sui rimpatri) e per favorire l’immigrazione legale.

Dario Porta

(18 giugno 2008)


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