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Rom: i provvedimenti del Viminale

by Redazione

Sul rilevamento delle impronte digitali dei Rom continua a divampare la polemica.
L’operazione ha già avuto inizio in Campania e partirà nel Lazio il 10 luglio.
Nelle ordinanze, in materia di protezione civile, vengono chiaramente indicati i diversi interventi: identificazione e censimento delle persone e dei nuclei familiari presenti nei campi, compresi i minori, attraverso rilievi segnaletici e adozione delle necessarie misure, avvalendosi delle forze di Polizia, nei confronti di coloro che risultino essere destinatari di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione.
Dubbi permangono ancora circa l’età dei bambini a cui prendere le impronte digitali, se considerare quelli sotto i 14 anni o anche quelli sotto i sei anni.

Il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, finito sotto accusa per tali provvedimenti – in particolare per la “schedatura” dei minori – ribadisce l’impegno ad andare avanti in quanto il fine dell’intervento è quello «di salvaguardare proprio i bambini dalle aberranti condizioni esistenziali a cui sono costretti». E a chi denuncia il contrasto di tali decisioni con la normativa europea, il Capo del Viminale risponde citando il regolamento n. 380/2008 approvato in sede Gai, dunque dai Ministri dell’Interno e della Giustizia europei, che prevede l’obbligo di prendere le impronte digitali a tutti i non comunitari, a partire dai 6 anni, prima del rilascio del permesso di soggiorno.

In realtà la normativa europea citata permette la rilevazione dei dati biometrici solo dei cittadini di Paesi terzi con il fine di creare un legame più sicuro tra il permesso di soggiorno e il suo titolare, evitando, così, il rischio di contraffazioni. Il “censimento” delle popolazioni zingare, che in Italia, tra l’altro, sono all’80% tra italiani e comunitari, appare, invece, più legato a criteri selettivi basati sulla «razza» o sull’«etnia», espressamente vietati da diverse disposizioni dell’Unione europea, in particolare dalla direttiva 2000/43/CE, la quale proibisce trattamenti particolari sulla base della «origine etnica» dei cittadini.

Duri attacchi piovono contro il Ministro dall’opposizione e dalle organizzazioni umanitarie, ma non solo. Significativa è la posizione del Prefetto Mosca, che pur nei limiti della sua carica, esprime una valutazione sofferte e critica al riguardo.
Da ultimo il disappunto di Famiglia Cristiana. Il quotidiano cattolico, nell’editoriale, ha definito «indecente la schedatura di nomadi», bollando l’intervento come «un’operazione che viola la dignità umana».
Ma soprattutto forti sono le preoccupazioni nei confronti dei minori rom.
Nel caso dei bambini, il sistema “schedatura-impronte” rappresenta un provvedimento discriminatorio che potrebbe spingerli ulteriormente nella clandestinità e nell’insicurezza. È vero – come sostiene il Ministro dell’Interno – che, a volte, nei campi sosta i minori vivono in difficili condizioni, ma una loro “schedatura” non costituisce uno strumento utile e necessario per la loro “emancipazione”, non ne è la soluzione.

È indubbio che per una più approfondita conoscenza della realtà su cui si vuole agire, si pone come necessario un censimento dei campi nomadi sia in ragione dei continui mutamenti della composizione interna di questi, che in seguito all’aumento numerico di popolazione al loro interno, anche in seguito probabilmente all’abbattimento delle barriere comunitarie del 2007. E questo per giungere ad una reale e aggiornata mappatura di tutte le aree di sosta presenti sul territorio nazionale, sia autorizzate che abusive, al fine di procedere alla ristrutturazione delle prime, laddove necessario, e allo sgombero delle secondi.

Interventi che devono, però, avvenire nel rispetto dei fondamentali diritti della persona umana e accompagnati, coordinati con opportune politiche essenziali per l’attuazione di soluzioni positive e di ampio raggio.
Innanzitutto, occorre ovviare a politiche insediative carenti, se non assenti, per evitare la creazione di ghetti o il proliferare di insediamenti abusivi e, al contrario, permettere un inserimento dei Rom nelle più vaste realtà abitative al di là della creazione dei campi che non rispondono più alle loro esigenze.
Ma non solo. Bisogna creare maggiori e più efficaci strumenti di partecipazione e rappresentanza dei nomadi nella comunità cittadina con un loro reale e intenso coinvolgimento a livello sociale e politico. Obiettivo perseguibile promuovendo un dialogo diretto con le popolazioni rom e una più decisa collaborazione per giungere a soluzioni condivise, frutto di una opportuna analisi dei bisogni e presupposto per innescare necessari processi di “responsabilizzazione” in termini di rispetto della legalità.
Parallelamente è fondamentale puntare sulle politiche scolastiche.
Il tasso di abbandono scolastico è molto alto tra i minori rom, causa di degrado delle comunità. La scuola, quale principale soggetto formativo, di trasmissione ed educazione a basilari valori, rappresenta un essenziale veicolo di “emancipazione”, nonché di inserimento sociale per la realizzazione di proficui processi di socializzazione. L’alfabetizzazione, i processi educativi,  i percorsi di inserimento lavorativo dei giovani, costituiscono una priorità per creare pari opportunità di vita, premessa per una effettiva coesione sociale.
La rilevazione delle impronte non è assolutamente condivisibile.
Occorre accendere i riflettori sui campi e lottare contro l’illegalità, è indiscutibile, ma al contempo è necessario alzare i livelli di inclusione nella comunità; e questo con misure adeguate e nel rispetto della dignità umana.

Maria Carla Intrivici

(3 luglio 2008)


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