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Seminario 10 dicembre 2009

by Redazione

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Liliana Ocmin, Segretario confederale della CISL, relatrice al Seminario “IL DIRITTO E LA RESPONSABILITÀ DELLA CITTADINANZA”, 10 dicembre 2009.
Pubblicheremo anche gli interventi degli altri relatori che ci perverranno

Liliana Ocmin: La cultura dell’integrazione, dell’inclusione e della convivenza civile fanno parte della storia della CISL.
Il lavoro oggi come ieri è determinante nei processi di integrazione sociale, condizione ineludibile di cittadinanza. Un presupposto obbligato se vogliamo un’estensione progressiva dei diritti, dei doveri e delle responsabilità.
E’ proprio per parlare d’integrazione e di cittadinanza che oggi siamo qui, perché pensiamo che il punto fondamentale è sapere cosa significa, prendere consapevolezza dinnanzi ad una scelta, ovvero diventare cittadino italiano.
La Legge N°91 del 1992 pose dei criteri di regolamentazione per l’acquisizione della cittadinanza italiana agli immigrati e ai figli degli immigrati.
Questi criteri furono adottati in virtù di un contesto sociale e storico di circa 20 anni fa.
Oggi è necessario prendere atto che il tessuto sociale italiano si è profondamente modificato, per la prima volta vi è un’equiparazione tra (4 milioni) cittadini immigrati presenti in Italia e cittadini italiani emigrati all’estero.
Oggi l’Italia si confronta con flussi migratori costanti, che hanno determinato un profondo cambiamento nella società, al punto che si parla correntemente di società multietnica.
Questo è un concetto molto discutibile, l’Italia deve divenire, ed in parte già lo è, sempre più una società interetnica.
Non un insieme di culture chiuse, ma una cultura sociale che condivide i valori e i principi della costituzione, riconoscendo a ciascun cittadino, la propria identità e la propria dignità.
Oggi è palesabile che l’Italia a fronte di un’ondata migratoria cosi intensa evidenzi alcune debolezze, proprio perché si è affievolita la coscienza della sua identità.
Per avere speranza nel futuro dobbiamo essere coscienti del nostro passato, tanto più che in esso, possiamo ritrovare tutte le ragioni dell’ospitalità.
Si tratta quindi della valorizzazione della centralità della persona dei suoi rapporti con la famiglia, con il lavoro e con la comunità.
Un passo decisivo può giungere proprio da una riflessione seria e non strumentale della Legge 91 del 1992.
Una riflessione che muove dalla presa di coscienza che il contesto storico e sociale è cambiato.
Ci sono nuovi bisogni e, che come tali, vanno affrontati con misure altrettanto nuove, innovative se vogliamo, tese a conciliare le necessità degli immigrati e dei cittadini italiani, in un sistema che tenga insieme diritti e doveri di tutti.
Non è utopico pensare ad una società realmente costruita sui principi d’integrazione a partire della riforma della cittadinanza.
Vi sono stati in passato altri disegni di Legge proposti per la riforma della cittadinanza, senza esiti positivi arenati nel dibattito politico senza andare a buon fine. Ci giungono notizie di un recente deposito di un nuovo disegno di Legge, presentato nei giorni scorsi; verificheremo le condizioni per poterci confrontare e approfondirne il testo.
Oggi è giunto il momento di attuare un ripensamento maturo e ragionato, funzionale alle necessità, che una società complessa come la nostra non può e non deve omettere. Una riflessione che sia contestualizzata al momento storico che attraversiamo e che sia un motore trainante per il riconoscimento di nuovi bisogni.

La Legge sulla cittadinanza attualmente in vigore è fondata sul principio dello “jus sanguinis“: ovvero è italiano chi è figlio di almeno uno dei genitori in possesso di cittadinanza italiana. Una scelta che risale all’inizio del secolo, dettata dall’esigenza inversa, ovvero, di mantenere un vincolo tra milioni di persone che partivano per gli stati esteri, America, Australia, Svizzera e la madrepatria.
La Cisl da tempo propone il riconoscimento della cittadinanza per i nati in Italia.
Il passaggio dallo jus sanguinis allo jus soli è prioritario, necessario e fondamentale se si vuole realmente costruire una società coesa ed integrata.

Non è un mero riconoscimento burocratico. Il diritto di cittadinanza dei minori nati sul territorio italiano da genitori stranieri oppure, di coloro che giungono nel nostro Paese in tenera età, deve essere riconosciuto, perché essi condividono lingua, cultura, valori, tradizioni, costumi e senso di appartenenza.
Riconoscergli il diritto alla cittadinanza italiana è il primo passo fondamentale per garantire pari opportunità ai minori stranieri e conseguentemente alle loro famiglie.
I figli degli immigrati che nascono in Italia o che si ritrovano a vivere qui sin da piccoli, oggi sono il ponte tra la società italiana e la famiglia di origine.
Negar loro il diritto di essere i nuovi cittadini italiani, mina le basi di questo ponte.

Nascere oggi in Italia da una famiglia immigrata, con l’attuale sistema, significa che la persona viva come Italiano, conosca la lingua italiana e a volte solo quella, senza però conferirgli la possibilità di sentirsi fino in fondo parte della società. Gli studiosi delle scienze psicosociali direbbero che il sistema attuale favorisce una discrasia fra status e ruolo di un individuo.
Abbiamo il dovere di essere molto chiari e netti: il nodo della cittadinanza influisce, in modo decisivo, sull’identità delle seconde generazioni.
I figli degli immigrati vanno a scuola con i bambini italiani, condividono con loro momenti fondanti del processo di crescita e di sviluppo, imparano la storia, la lingua italiana, la cultura italiana, ma poi di fatto debbono aspettare diciotto anni dalla loro nascita per poter avviare l’iter ai fini della naturalizzazione e poter finalmente affermare:
“IO SONO ITALIANO”.

Uno stato maturo e civile come l’Italia deve dotarsi di una legislazione che sappia guardare al futuro anche attraverso gli occhi pieni di speranza e di fiducia di questi nuovi italiani.
Deve provvedere alla necessità di queste giovani persone che si sentono italiane a 360° e che a volte, hanno perso il legame con i Paesi di origine dei propri genitori.
Non è buonismo ma lungimiranza.
Dobbiamo costruire le condizioni per una società coesa che permette agli adulti di domani di condividere fin da bambini il senso valoriale e sociale che guida i nostri principi costituzionali.
Non possiamo consentire che essi si sentano cittadini a metà.

Il riconoscimento della cittadinanza dovrebbe avvenire automaticamente alla nascita in modo tale che i bambini, non siano costretti a vivere nel “limbo dell’incertezza del riconoscimento del proprio status formale”.
Siamo convinti che si debba offrire agli immigrati l’opportunità di vivere la cittadinanza, interiorizzandola come una dimensione inscindibile del proprio essere. Offrire l’opportunità del diritto di cittadinanza, vuol dire dare veste formale al principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini, riconoscere il contributo che le giovani generazione possono dare alla costruzione di un nuovo profilo della società occidentale ed italiana. Siamo favorevoli al nesso diretto ai fini del riconoscimento della cittadinanza, alla partecipazione e al completamento di un ciclo di studi, anche triennale, perché, siamo convinti che lo studio, la cultura e la formazione, rappresentino strumenti cardine di integrazione sociale e di cittadinanza. La scuola rappresenta una palestra fondamentale di integrazione e di cittadinanza attiva. E’ all’interno della scuola che si costruiscono le identità, il senso civico ed il rispetto dei valori della democrazia e della convivenza pacifica.
Oggi il 7% di alunni è di origine straniera.
Stiamo parlando quindi di quasi 700 mila bambini e ragazzi, la maggior parte dei quali nati sul nostro territorio o che vi sono giunti fin da piccoli, parlano l’italiano e parlano in dialetto.
Ogni anno sono 72 mila i nuovi nati in Italia da genitori stranieri e questo costituisce un supporto indispensabile al nostro sbilanciato andamento demografico.
La cultura della CISL, ha al centro la persona e “ LA PERSONA” per l’appunto, non è un numero.
La persona porta con se delle aspettative, delle necessità, dei valori.
La centralità della persona, significa riconoscerne tutti questi elementi e fornire gli strumenti per la piena realizzazione di essa.

Per quanto riguarda la naturalizzazione della cittadinanza italiana per gli stranieri adulti e residenti sul territorio, è necessario apporre una modifica alla legge che tenga conto che gli attuali meccanismi di valutazione ed i requisiti richiesti insieme alle lungaggini procedurali, sono da superare e per farlo, si deve tener in considerazione la centralità della persona. In tal senso, tale procedimento, non può essere meramente numerico e standardizzato nella temporaneità.
Tutto ciò non può limitarsi ad una discussione fondata unicamente sulla riduzione o sull’allungamento della presenza regolare degli immigrati ai fini della naturalizzazione.
Se vogliamo dare alla cittadinanza un sapore diverso rispetto a quello della pura e semplice trafila burocratica, bisogna scardinare le logiche attuali.
L’acquisizione della cittadinanza, si basa su un iter procedurale che non deve essere calcolato in maniera aritmetica o su forme di utilitarismo personale.
Dobbiamo fornire anche agli immigrati adulti la possibilità di sentirsi realmente cittadini italiani. Condividere con noi tutto il piacere e l’orgoglio di essere italiani per giungere serenamente ad una scelta consapevole.
E questo non implica rinunciare ad essere portatori di valori, significa offrire la possibilità agli immigrati di riconoscersi all’interno di una società, apportandone un valore aggiunto.
Il quadro va completato riflettendo su un processo di acquisizione attivo della cittadinanza. Si tratta di un passaggio che presenta, come è facile comprendere, un certo livello di impegno, dovuto alla armonizzazione delle culture, alla volontà di integrarsi e ad una chiara definizione dei diritti, dei doveri e delle responsabilità che l’acquisizione della cittadinanza comporta per ogni persona.

Riteniamo si possa lavorare su un percorso di integrazione degli adulti che faccia leva su valutazioni qualitative. Essere cittadino di una nazione come l’Italia deve essere una scelta! Consapevole ragionata, matura. Tutto ciò deve accompagnarsi ad un governo del fenomeno migratorio, ovvero una politica che sappia tenere insieme legalità ed inclusione. Una scelta, impegnativa a cui si è chiamati e della quale si deve avere piena coscienza del valore, non solo simbolico, che essa comporta; consapevoli che ottenere la cittadinanza italiana, significa credere fino in fondo nei diritti nei doveri e soprattutto nelle responsabilità che essa demanda.
Per gli adulti, la normativa attualmente in vigore prevede una serie di condizioni passive per l’acquisizione della cittadinanza, legate al tempo e spesso percepita come un automatismo e non come un obiettivo su cui è importante investire.
Condividere con gli italiani l’impegno per favorire il benessere del proprio Paese riconoscendosi in quell’insieme di principi che sono le fondamenta della società e dello Stato.
Anche per le naturalizzazioni, il principio del riconoscimento identitario, il principio di condivisione delle responsabilità, e la conoscenza del sistema culturale e valoriale che è alla base della società, non può essere demandato ad elementi che esulano da un profondo processo di interiorizzazione.
Diritti, doveri e responsabilità appunto, sono le parole chiave di una politica d’integrazione capace di coniugare rispetto delle regole, opportunità, integrazione e sicurezza.
L’accordo d’integrazione, articolato per crediti e annunciato recentemente dal Ministro del Lavoro può offrire una effettiva opportunità di integrazione degli immigrati.

Scarica l’intervento


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