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Rom: espulsione o integrazione?

by Redazione

Dopo l’ondata di rimpatri di Rom ad opera del governo francese verso Romania e Bulgaria, scende in campo l’Italia. E la scelta del Viminale è quella di procedere su una linea unitaria con la Francia nella politica degli sgomberi e delle espulsioni, anzi proponendo degli ulteriori passi in questa direzione.
È, infatti, di questi giorni la proposta del ministro dell’Interno Maroni di modificare la direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri per introdurre la possibilità di espulsione anche per i comunitari. La normativa europea regola in tre mesi la permanenza di un cittadino comunitario all’interno di un altro Stato membro in presenza di determinate condizioni quali reddito minimo, dimora adeguata e non essere a carico del sistema sociale del Paese ospitante, chi viola tali norme – afferma Maroni – va espulso, espulsione attualmente prevista solo per motivi di ordine pubblico e sicurezza, nelle altre ipotesi è possibile solo un invito all’allontanamento.

In attesa di portare queste proposte alla Commissione europea, il Ministro sta preparando un nuovo decreto legge sulla sicurezza urbana volto, tra l’altro, proprio a facilitare l’espulsione dei cittadini comunitari che non rispettano la direttiva sul nostro territorio.
Anche se non si parla esplicitamente di Rom, è chiaro il riferimento a questa comunità composta da un’alta percentuale di romeni e bulgari.

Probabilmente dietro questa presa di posizione c’è il timore che i Rom mandati via dalla Francia possano trasferirsi nel nostro Paese, ma anche la consapevolezza di quanto questo tema e più in generale quello degli spostamenti umani siano cruciali per le dinamiche elettorali e la politica del consenso.

Ma quanto la predisposizione di strumenti come sgomberi, espulsioni, rimpatri, ecc. può essere la soluzione o perlomeno l’unica soluzione possibile?
Al contrario occorre procedere innanzitutto alla elaborazione e attuazione di una politica, che superando azioni emergenziali e di “tamponamento”, governi il fenomeno in modo razionale mediante interventi mirati in diversi settori e improntati all’accoglienza, alla valorizzazione e tutela delle diversità, ma anche al rispetto e al ripristino della legalità e alla garanzia dell’ordine pubblico, dinamiche fondamentali per un comune vivere civile.
Gli stessi interventi di sgombero dei campi abusivi, ove necessari, devono, comunque, avvenire nel rispetto dei fondamentali diritti della persona umana e accompagnati, coordinati con opportune politiche sociali essenziali per l’attuazione di soluzioni positive e di ampio raggio. Ma soprattutto è imprescindibile ovviare a politiche insediative carenti, se non assenti, per evitare la creazione di ghetti o il proliferare di campi non regolari e, al contrario, permettere un inserimento dei Rom nelle più vaste realtà abitative al di là della creazione dei campi che non rispondono più alle esigenze espresse dalle comunità zingare stesse. Superare, quindi, la logica di una specifica formula abitativa per perseguire una pluralizzazione delle formule, delle alternative.
Inoltre, a fronte di una bassa e preoccupante scolarizzazione dei minori rom, è opportuno puntare maggiormente sulle politiche scolastiche, essendo la scuola uno dei principali soggetti formativi, di trasmissione ed educazione a basilari valori, ma anche uno dei maggiori veicoli di inserimento sociale per la realizzazione di proficui processi di “socializzazione”; ciò insieme ad azioni volte ad incentivare la formazione professionale per i più grandi.
Ma non solo. Rimane centrale creare maggiori e più efficaci strumenti di partecipazione e rappresentanza dei nomadi nella comunità cittadina attraverso la stipula di Patti di cittadinanza con regole e obiettivi certi al fine di rifondare il dialogo sociale e giungere, in tal modo, a soluzioni condivise, ma anche per innescare necessari processi di “responsabilizzazione” dei nomadi in termini di rispetto della legalità.

Il fine è varare un’opportuna legislazione in materia con l’obiettivo di dare avvio ad un nuovo percorso teso a ricercare soluzioni normative specifiche e adeguate alle diverse esigenze di gestione del fenomeno per una comune civile convivenza tra le popolazioni rom e il contesto di inserimento. A ciò si può giungere, da una parte affrontando la questione non solo a livello nazionale, ma anche in una dimensione europea, con soluzioni tra gli Stati parte e le istituzioni dell’Unione condivise, chiare e concrete; dall’altra attraverso l’essenziale riconoscimento dello status di minoranze linguistiche di Rom per promuovere la valorizzazione delle diverse espressioni presenti nel Paese.

Maria Carla Intrivici

10 settembre 2010


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