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“Cittadinanza approvata, cittadinanza tradita”

by Redazione

Traccia dell’intervento introduttivo di Giuseppe Casucci, vicepresidente dell’associazione, all’assemblea di NELL del 12 novembre (vedi qui il PROGRAMMA Assemblea_NeLL 12.11.15)

Questa di oggi mi sembra davvero una bella occasione per poter parlare ad un pubblico di ragazzi e famiglie, oltre che di addetti ai lavori.ASS nel

Abbiamo intitolato questa serata: “Cittadinanza approvata, Cittadinanza tradita”. Non vuole essere una critica ai nostri ospiti, anzi. Mi spiego…

Cittadinanza approvata per il meritevole lavoro fatto dalla Camera sulla riforma della legge.

Cittadinanza tradita invece dall’amministrazione di Roma apparentemente sorda ai problemi della vita nelle periferie e a come sia difficile per la gente comune, i giovani in particolare, non sentire questo termine come una parola vuota.

Hanno gentilmente accettato di essere qui con noi due ospiti speciali. Due rappresentanti delle istituzioni che arricchiranno il nostro confronto: l’on. Marilena Fabbri che è stata la relatrice – in I Commissione alla Camera – di un disegno di legge unificato in materia di riforma della cittadinanza. E il Prefetto di Roma Franco Gabrielli, che tutti i giorni ha a che fare con i problemi dei cittadini.

Altri ospiti sono: Maurizio Tarquini, direttore generale dell’Unione Industriali di Roma e Lazio; Yuri Bugli consigliere del III municipio.

Cos’è Nessun Luogo è Lontano. Molti di voi ci conoscono, dunque sarò breve: siamo un’associazione di solidarietà sociale che opera sin dal 1998.

Operiamo nelle periferie, con i centri interculturali, sviluppando attività di sostegno allo studio ed all’inclusione di minori, attività di supporto psicologico a giovani e famiglie: immigrati e italiani, a forte rischio di emarginazione sociale. Li aiutiamo a costruire un futuro di cittadini a pieno titolo, all’insegna della solidarietà umana e della lotta al razzismo e alle discriminazioni.

Operiamo a livello politico con campagne di opinione su tempi importanti per il futuro di una società sempre più multietnica e culturale: la riforma della normativa sull’immigrazione e della legge sulla cittadinanza; il superamento del Regolamento di Dublino e la necessità di un quadro organico europeo in materia di asilo; il superamento dei campi Rom e l’avvio di una concreta politica di inclusione sociale e lotta alla xenofobia.

Operiamo nella massima trasparenza, con una fortissima quota di volontariato e con piccoli apporti che vengono da donazioni e da bandi pubblici a livello territoriale a Roma e nel Lazio.

Non è un caso se abbiamo scelto il Centro Semina come luogo in cui celebrare la nostra assemblea annuale. Torpignattara è uno dei quartieri di maggior presenza di stranieri a Roma. Si calcola che circa un terzo dei residenti siano nati all’estero.

Un quartiere in cui le scuole vedono classi quasi a maggioranza multietnica.

Nella situazione attuale di capitale senza sindaco e governo, è stata demandato ai prefetti il compito di affrontare i problemi più urgenti e dove sono più urgenti le difficoltà se non nelle periferie?

Forse anche per questo il prefetto Gabrielli è qui oggi: per sentire direttamente dal pubblico le “inquietudini” e difficoltà di essere cittadino nelle periferie di Roma.

La società italiana ha vissuto negli ultimi anni fenomeni di grande cambiamento, con l’arrivo di cittadini stranieri che hanno portato con loro aspirazioni e bisogni, ma anche ricchezza culturale e voglia di scommettere sul futuro dell’Italia.

La cronaca e i telegiornali tutti i giorni ci pongono davanti agli occhi il dramma dei profughi: milioni di persone che scappano dalle guerre in Medio Oriente o giungono dall’Africa per necessità di sopravvivenza. In Europa quest’anno ne sono arrivati più di un milione, mezzo milione solo nelle isole greche. 3.500 sono annegati nelle acque del Mediterraneo: anche donne e bambini imbarcati su gommoni di fortuna dopo aver pagato migliaia di euro agli scafisti. Ne ritroviamo tanti in giro per la città e nei quartieri, spesso senza un posto dove dormire o la possibilità di lavorare.

Non è questo, a nostro parere, il modo di governare l’immigrazione e fare inclusione sociale.

A fronte di 100 mila profughi oggi assistiti dalle strutture di accoglienza del nostro Paese, però, ci sono anche 5 milioni di stranieri che vivono qui fin da venti anni. Sono ben integrati: la metà di loro lavora regolarmente, i loro figli vanno a scuola assieme ai nostri. Oggi 1 cittadino sui 10 del nostro Paese è nato all’estero. Una cifra per il futuro destinata ad aumentare a causa della bassa natalità degli italiani.

Il lavoro degli stranieri porta all’Italia 130 miliardi di PIL e 13 miliardi di € imposte pagate. E’ stato calcolato che il lavoro dei 2,4 milioni di stranieri paga oggi la pensione a 650 mila italiani.

Direi che si sono guadagnati il diritto ad essere rispettati e considerati a pieno titolo cittadini.

Eppure finora non è stato così: l’attuale legge sulla cittadinanza è del 1992 e prevede per i giovani nati nel nostro Paese di poter fare richiesta di cittadinanza italiana solo al compimento del 18° anno di età e solo se non ci sono pause di continuità nella residenza legale. Per chi non è nato in Italia e per gli adulti, servono 10 anni di residenza legale, un reddito certo e un’abitazione idonea. E non è detto che la richiesta venga accettata, né quando.

Il mese scorso la Camera dei Deputati ha approvato un ddl di riforma della legge sulla cittadinanza. Il fatto in sé ha un significato storico perché introduce – accanto allo ius sanguinis – una forma moderata di ius soli e permetterà subito – se la legge verrà approvata a breve al Senato – di accedere alla cittadinanza italiana forse a 700 mila bambini e ragazzi.  Basterà cioè che uno dei genitori del minore nato in Italia sia in possesso della carta di soggiorno per fare la richiesta.

Se non è nato in Italia, basterà che abbia completato un ciclo di studi di almeno 5 anni o superato le scuole elementari.

Un grande passo in avanti certo da migliorare ma che – quando sarà approvata la riforma – porterà la maggioranza dei figli degli immigrati  a diventare italiani. E questo beneficerà anche le loro famiglie che non potranno più essere espulse dal Paese.

Ma cos’è la cittadinanza? Semplicemente un pezzo di carta che attesta la tua appartenenza all’Italia? O dovrebbe rappresentare un legame autentico tra un individuo e la comunità in cui egli vive? Senza un’adeguata istruzione e formazione; senza un lavoro; senza prospettive per un futuro migliore, il concetto di cittadinanza perde di consistenza e diventa una parola vuota.

Il primo importante passo per realizzare buoni processi di cittadinanza è quello di garantire una adeguata e permanente educazione alle giovani generazioni. Generazioni composte da persone portatrici di molte culture ed aspirazioni.

Da qui il ruolo ed il lavoro svolto dai Centri Interculturali a Roma. Centri che dialogano e collaborano con le famiglie, con le scuole, il quartiere, per dare concrete opportunità ai ragazzi di essere inclusi in una comunità educante.

E’ questo il senso e la scelta di avanguardia che Roma ha adottato fin dai primi anni ’90 – con la realizzazione dei Centri Interculturali (ne esistono ancora 23 operativi nei vari quartieri della capitale).  Luoghi dove la cittadinanza si realizza, va rafforzata e diffusa. Oggi però questi centri sono a rischio, in quanto l’amministrazione comunale appena dimessa, ne aveva deciso la decimazione.

Una scelta infausta, considerando la situazione: disoccupazione giovanile vicina al 40%, 3,3 milioni di persone in cerca di lavoro in Italia, e molte altre che hanno abbandonato lo studio ed hanno rinunciato a cercare un impiego dopo vani tentativi.

Nelle scuole di secondo grado, ci dice il Ministero della Pubblica Istruzione, quasi il 23% degli alunni stranieri è respinto il primo anno. E secondo la Fondazione ISMU il 65% degli stranieri era in ritardo nello scorso anno scolastico.

Questo è quanto accade nelle periferie: giovani con poche chance di successo nella scuola ed ancor meno chance di inserimento nel mercato del lavoro dopo. In pratica una esemplificazione della cittadinanza di mera facciata, quando i diritti a costruirsi un futuro vengono vanificati.

Oggi siamo qui a parlare di questo.  Di come costruire concretamente percorsi di cittadinanza autentica, italiani e stranieri insieme. Grazie

Giuseppe Casucci

 

 


“Cittadinanza approvata, cittadinanza tradita”

by Redazione

Traccia dell’intervento introduttivo di Giuseppe Casucci, vicepresidente dell’associazione, all’assemblea di NELL del 12 novembre (vedi qui il PROGRAMMA Assemblea_NeLL 12.11.15)

Questa di oggi mi sembra davvero una bella occasione per poter parlare ad un pubblico di ragazzi e famiglie, oltre che di addetti ai lavori.ASS nel

Abbiamo intitolato questa serata: “Cittadinanza approvata, Cittadinanza tradita”. Non vuole essere una critica ai nostri ospiti, anzi. Mi spiego…

Cittadinanza approvata per il meritevole lavoro fatto dalla Camera sulla riforma della legge.

Cittadinanza tradita invece dall’amministrazione di Roma apparentemente sorda ai problemi della vita nelle periferie e a come sia difficile per la gente comune, i giovani in particolare, non sentire questo termine come una parola vuota.

Hanno gentilmente accettato di essere qui con noi due ospiti speciali. Due rappresentanti delle istituzioni che arricchiranno il nostro confronto: l’on. Marilena Fabbri che è stata la relatrice – in I Commissione alla Camera – di un disegno di legge unificato in materia di riforma della cittadinanza. E il Prefetto di Roma Franco Gabrielli, che tutti i giorni ha a che fare con i problemi dei cittadini.

Altri ospiti sono: Maurizio Tarquini, direttore generale dell’Unione Industriali di Roma e Lazio; Yuri Bugli consigliere del III municipio.

Cos’è Nessun Luogo è Lontano. Molti di voi ci conoscono, dunque sarò breve: siamo un’associazione di solidarietà sociale che opera sin dal 1998.

Operiamo nelle periferie, con i centri interculturali, sviluppando attività di sostegno allo studio ed all’inclusione di minori, attività di supporto psicologico a giovani e famiglie: immigrati e italiani, a forte rischio di emarginazione sociale. Li aiutiamo a costruire un futuro di cittadini a pieno titolo, all’insegna della solidarietà umana e della lotta al razzismo e alle discriminazioni.

Operiamo a livello politico con campagne di opinione su tempi importanti per il futuro di una società sempre più multietnica e culturale: la riforma della normativa sull’immigrazione e della legge sulla cittadinanza; il superamento del Regolamento di Dublino e la necessità di un quadro organico europeo in materia di asilo; il superamento dei campi Rom e l’avvio di una concreta politica di inclusione sociale e lotta alla xenofobia.

Operiamo nella massima trasparenza, con una fortissima quota di volontariato e con piccoli apporti che vengono da donazioni e da bandi pubblici a livello territoriale a Roma e nel Lazio.

Non è un caso se abbiamo scelto il Centro Semina come luogo in cui celebrare la nostra assemblea annuale. Torpignattara è uno dei quartieri di maggior presenza di stranieri a Roma. Si calcola che circa un terzo dei residenti siano nati all’estero.

Un quartiere in cui le scuole vedono classi quasi a maggioranza multietnica.

Nella situazione attuale di capitale senza sindaco e governo, è stata demandato ai prefetti il compito di affrontare i problemi più urgenti e dove sono più urgenti le difficoltà se non nelle periferie?

Forse anche per questo il prefetto Gabrielli è qui oggi: per sentire direttamente dal pubblico le “inquietudini” e difficoltà di essere cittadino nelle periferie di Roma.

La società italiana ha vissuto negli ultimi anni fenomeni di grande cambiamento, con l’arrivo di cittadini stranieri che hanno portato con loro aspirazioni e bisogni, ma anche ricchezza culturale e voglia di scommettere sul futuro dell’Italia.

La cronaca e i telegiornali tutti i giorni ci pongono davanti agli occhi il dramma dei profughi: milioni di persone che scappano dalle guerre in Medio Oriente o giungono dall’Africa per necessità di sopravvivenza. In Europa quest’anno ne sono arrivati più di un milione, mezzo milione solo nelle isole greche. 3.500 sono annegati nelle acque del Mediterraneo: anche donne e bambini imbarcati su gommoni di fortuna dopo aver pagato migliaia di euro agli scafisti. Ne ritroviamo tanti in giro per la città e nei quartieri, spesso senza un posto dove dormire o la possibilità di lavorare.

Non è questo, a nostro parere, il modo di governare l’immigrazione e fare inclusione sociale.

A fronte di 100 mila profughi oggi assistiti dalle strutture di accoglienza del nostro Paese, però, ci sono anche 5 milioni di stranieri che vivono qui fin da venti anni. Sono ben integrati: la metà di loro lavora regolarmente, i loro figli vanno a scuola assieme ai nostri. Oggi 1 cittadino sui 10 del nostro Paese è nato all’estero. Una cifra per il futuro destinata ad aumentare a causa della bassa natalità degli italiani.

Il lavoro degli stranieri porta all’Italia 130 miliardi di PIL e 13 miliardi di € imposte pagate. E’ stato calcolato che il lavoro dei 2,4 milioni di stranieri paga oggi la pensione a 650 mila italiani.

Direi che si sono guadagnati il diritto ad essere rispettati e considerati a pieno titolo cittadini.

Eppure finora non è stato così: l’attuale legge sulla cittadinanza è del 1992 e prevede per i giovani nati nel nostro Paese di poter fare richiesta di cittadinanza italiana solo al compimento del 18° anno di età e solo se non ci sono pause di continuità nella residenza legale. Per chi non è nato in Italia e per gli adulti, servono 10 anni di residenza legale, un reddito certo e un’abitazione idonea. E non è detto che la richiesta venga accettata, né quando.

Il mese scorso la Camera dei Deputati ha approvato un ddl di riforma della legge sulla cittadinanza. Il fatto in sé ha un significato storico perché introduce – accanto allo ius sanguinis – una forma moderata di ius soli e permetterà subito – se la legge verrà approvata a breve al Senato – di accedere alla cittadinanza italiana forse a 700 mila bambini e ragazzi.  Basterà cioè che uno dei genitori del minore nato in Italia sia in possesso della carta di soggiorno per fare la richiesta.

Se non è nato in Italia, basterà che abbia completato un ciclo di studi di almeno 5 anni o superato le scuole elementari.

Un grande passo in avanti certo da migliorare ma che – quando sarà approvata la riforma – porterà la maggioranza dei figli degli immigrati  a diventare italiani. E questo beneficerà anche le loro famiglie che non potranno più essere espulse dal Paese.

Ma cos’è la cittadinanza? Semplicemente un pezzo di carta che attesta la tua appartenenza all’Italia? O dovrebbe rappresentare un legame autentico tra un individuo e la comunità in cui egli vive? Senza un’adeguata istruzione e formazione; senza un lavoro; senza prospettive per un futuro migliore, il concetto di cittadinanza perde di consistenza e diventa una parola vuota.

Il primo importante passo per realizzare buoni processi di cittadinanza è quello di garantire una adeguata e permanente educazione alle giovani generazioni. Generazioni composte da persone portatrici di molte culture ed aspirazioni.

Da qui il ruolo ed il lavoro svolto dai Centri Interculturali a Roma. Centri che dialogano e collaborano con le famiglie, con le scuole, il quartiere, per dare concrete opportunità ai ragazzi di essere inclusi in una comunità educante.

E’ questo il senso e la scelta di avanguardia che Roma ha adottato fin dai primi anni ’90 – con la realizzazione dei Centri Interculturali (ne esistono ancora 23 operativi nei vari quartieri della capitale).  Luoghi dove la cittadinanza si realizza, va rafforzata e diffusa. Oggi però questi centri sono a rischio, in quanto l’amministrazione comunale appena dimessa, ne aveva deciso la decimazione.

Una scelta infausta, considerando la situazione: disoccupazione giovanile vicina al 40%, 3,3 milioni di persone in cerca di lavoro in Italia, e molte altre che hanno abbandonato lo studio ed hanno rinunciato a cercare un impiego dopo vani tentativi.

Nelle scuole di secondo grado, ci dice il Ministero della Pubblica Istruzione, quasi il 23% degli alunni stranieri è respinto il primo anno. E secondo la Fondazione ISMU il 65% degli stranieri era in ritardo nello scorso anno scolastico.

Questo è quanto accade nelle periferie: giovani con poche chance di successo nella scuola ed ancor meno chance di inserimento nel mercato del lavoro dopo. In pratica una esemplificazione della cittadinanza di mera facciata, quando i diritti a costruirsi un futuro vengono vanificati.

Oggi siamo qui a parlare di questo.  Di come costruire concretamente percorsi di cittadinanza autentica, italiani e stranieri insieme. Grazie

Giuseppe Casucci

 

 


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