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Conferenza di Dublino: stop alle Cluster bombs

by Redazione

 

Con due giorni di anticipo rispetto al programma, i delegati di 109 Paesi, riuniti a Dublino hanno raggiunto un accordo sul testo del Trattato per la messa al bando delle cosiddette cluster bombs.
Secondo il documento, ogni Stato firmatario si impegna a non usare «in alcuna circostanza» le bombe a grappolo, né a produrle, acquistarle, conservarle o trasferirle a chiunque, direttamente o indirettamente.

 

L’accordo internazionale vincola i Paesi firmatari a provvedere all’assistenza delle vittime e alla bonifica delle aree interessate e prevede la distruzione degli arsenali nel giro di otto anni. Tuttavia sembra che l’ultima versione del Trattato lascerebbe la possibilità di utilizzare bombe a grappolo più piccole di nuova generazione, in grado di colpire gli obiettivi con maggiore precisione e provviste di un sistema di autodistruzione, nonché permetterebbe ai Paesi parte di continuare a cooperare nel settore della difesa con gli Stati non firmatari.

L’intesa è stata, comunque, raggiunta. E questo anche grazie all’annuncio del Governo di Londra, che ha sostenuto l’accordo e si è detto pronto a bandire le cluster bombs in possesso delle sue forze armate, incoraggiando la stipula di un Trattato internazionale vincolante in materia, sull’esempio del Trattato di Ottawa del 1997 contro le mine anti-persona.

La Conferenza di Dublino costituisce la fase finale di un percorso avviato l’anno scorso, il “Cluster Munition Process”, detto anche processo di Oslo, la cui tappa precedente è stata la dichiarazione di Wellington sottoscritta da 81 Paesi tra cui l’Italia, e che ha costituito una bozza del testo del Trattato, da rivedere e  concordare al successivo appuntamento in Irlanda.

Un grande risultato, quindi, in quanto tali armamenti – rilasciando, in un vasto raggio, migliaia di piccole bombe programmate per detonare all’impatto, una volta esplosi – finiscono per rappresentare un serio pericolo per la popolazione civile, trasformandosi, di fatto, in mine anti-uomo, ma anche un grave ostacolo allo sviluppo economico dei paesi colpiti: le aree cosparse di munizioni a grappolo non possono essere coltivate e l’accesso alle risorse idriche viene impedito.

Tra i maggiori produttori di cluster munitions vi sono Stati Uniti – che possiedono tra i 700 e gli 800 milioni di tali ordigni – Russia, Israele, Cina, India e Pakistan che non hanno mai preso parte al “Processo di Oslo”.
L’Italia, dal canto suo, dopo l’approvazione all’unanimità, in Senato, di un ordine del giorno bipartisan che chiedeva al Governo di assumere – nell’ambito della Conferenza di Dublino – una posizione favorevole alla messa al bando di questi ordigni e di sviluppare un’adeguata azione diplomatica in tal senso, dovrà procedere in questo percorso con la firma del testo del Trattato di Dublino e la successiva ratifica.

Maria Carla Intrivici

(4 giugno 2008)


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