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Conferenza sui ROM: primo confronto

by Redazione

Il 22-23 gennaio si è svolta la prima “Conferenza Europea sulla popolazione Rom” – termine scelto dagli organizzatori del Ministero dell’Interno per indicare le diverse comunità rom, sinti e camminanti che vivono in Italia.
Dalla due giorni di relazioni e dibattito tra istituzioni ed esponenti delle comunità sono emersi alcuni spunti di riflessione: innanzitutto, la necessità e allo stesso tempo le difficoltà di politiche nazionali positive contro l’emarginazione che coinvolgano tali popolazioni, a cui sono chiamati a lavorare, con responsabilità, anche gli enti locali e le diverse associazioni rappresentative, quest’ultime in un percorso di rappresentanza e partecipazione, e, quindi, di responsabilità.

Dare la parola ad una minoranza invisibile è stato questo il primo obbiettivo della Conferenza. Infatti, la Shoha di rom e sinti non fa parte della nostra memoria perché ancora sconosciuta; una mostra fotografica ed una testimonianza di una sopravvissuta allo sterminio nazista hanno documentato, all’apertura della prima giornata, l’orrore del massacro subito da queste popolazioni.

Rom sinti e camminanti sono presenti non solo in Italia, ma in tutta l’Europa, dal XIV secolo, colpiti da fenomeni di discriminazione – c.d. “antigitanismo” – culminati nelle deportazioni dei campi di concentramento nazisti, come sottolineato dal prof. Marco Impagliazzo dell’Università per stranieri di Perugia, il quale ha illustrato alcuni dati (le cifre disponibili non sono univoche): in Italia sono tra i 110 e i 130.000, lo 0,2% della popolazione italiana; 60.000 circa sono italiani, 30.000 dalla ex-Yugoslavia.
L’allargamento dell’Unione Europea ha favorito il flusso migratorio delle loro comunità verso il nostro Paese, in particolare dalla Romania.

Il quadro delle normative ed iniziative europee ed internazionali di tutela delle minoranze etnico-linguistiche è stato ben delineato da rappresentanti di organismi europei ed internazionali: Alexander Vladychenko del Consiglio d’Europa (Direttore generale della Coesione Sociale), Valentino Simonetti Presidente del CIDU (Comitato Internazionale dei Diritti Umani), Andrzej Mirga dell’OSCE, Anastasia Crickley Direttore dell’Agenzia Europea per i diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Gli interventi degli esponenti internazionali hanno indicato le più importanti carte di diritti, convenzioni, dichiarazioni e risoluzioni, piani d’azione europei ed internazionali esistenti cui si deve fare riferimento a garanzia dei diritti della “popolazione rom” (tra le quali la raccomandazione generale dell’ONU n. 27 – 2000 del Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale sulla discriminazione contro i Rom e la direttiva 2000/43/CE del Consiglio UE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica).

L’intento annunciato è quello – come affermato dallo stesso ministro G. Amato e dal sottosegretario M. Lucidi che ha coordinato i lavori – di riconoscere la minoranza linguistica della “popolazione rom”, riprendendo quanto già previsto dalla legge n. 482 del 1999, ed anche di agevolare la ricostruzione del loro status giuridico, di cui era incaricata una commissione interministeriale ed anche le associazioni delle comunità.
Lo status di apolide, pur con le difficoltà del relativo riconoscimento per individui non iscritti all’anagrafe, potrebbe essere, quindi secondo il Ministro Amato, un’utile analogia cui tenere conto per le persone di tali comunità, senza dimenticare che alcuni sono già cittadini italiani o potrebbero esserlo, con la dibattuta riforma della cittadinanza presentata in Parlamento.

Sulle principali questioni hanno avuto luogo tre sessioni (c.d. panel): “l’istruzione come elemento fondante della convivenza”, “la casa come sostegno per un’integrazione possibile” e “la tutela dei diritti e il rispetto delle regole”.

Da rilevare che tra le questioni poste nel corso dei lavori anche dai rappresentanti rom, sinti e camminanti sono state: la legalità e la cittadinanza.
La legalità, non c’è dubbio, rischia sempre più di essere scambiata per una questione esclusivamente sicuritaria e non anche sociale. Relativamente alla cittadinanza non va dimenticato che una parte dei rom e sinti ha la cittadinanza italiana, mentre ci sono alcune situazioni cui si dovrebbe dare una soluzione, innanzitutto al fatto che persone che vivono in Italia, magari da decenni, hanno figli e nipoti ma di fatto non esistono (come non esistono i loro figli e nipoti).

La Conferenza è stata un primo passo non trascurabile di discussione e confronto con la “popolazione rom”, in particolare i capifamiglia, per la realizzazione di azioni concertate tra istituzioni e mondo associativo e per giungere a decisioni condivise da tutti; innescando, così, necessari processi di responsabilizzazione verso quelli di partecipazione e rappresentanza.

Dario Porta

(29 gennaio 2008)


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