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Consiglieri Aggiunti tra partecipazione e rappresentanza

by Redazione

Il 10 dicembre andranno alle urne 155.534 cittadini di nazionalità straniera residenti o domiciliati nella capitale per eleggere i quattro Consiglieri Aggiunti del Consiglio comunale ed un loro rappresentante in un ognuno dei Municipi della città. I quattro Consiglieri Aggiunti dovranno essere originari rispettivamente dell’America, dell’Africa, dell’Europa dell’Est e dell’Asia – un rappresentante  per ogni continente – nei Consigli municipali, invece, verrà eletto il candidato più votato.

Un’esperienza, quella dei Consiglieri Aggiunti, che ha avuto inizio due anni fa con l’obiettivo – o meglio il proposito – di creare strumenti di rappresentanza dell’intera cittadinanza straniera presente nella capitale e di renderla parte integrante della vita pubblica locale.

Oggi, però, questo appuntamento entusiasma sempre meno sia le istituzioni che gli stessi “protagonisti”. Probabilmente perché tale strumento ha chiaramente rivelato i sui limiti.

Attualmente nel territorio comunale vivono circa 300.000 stranieri, appartenenti a quasi 200 nazionalità differenti, gruppi anche profondamente diversi tra loro che proprio per questo difficilmente possono essere rappresentati da un unico portavoce “del continente”, con il conseguente rischio di emarginare le esigenze provenienti da alcune realtà. Quindi si pone sin dall’inizio un problema di deficit in termini di reale rappresentatività dell’organo.

Ma probabilmente il limite maggiore è un altro: la mancanza di un effettivo apporto del Consigliere Aggiunto ai processi decisionali. Il Consigliere partecipa di diritto alle riunioni del Consiglio Comunale e delle Commissioni Consiliari, ma senza diritto di voto, con sole finalità consultive, quindi senza alcuna concreta possibilità di contribuire in modo decisivo alla determinazione delle dinamiche politiche.

Per ovviare a ciò, per far sì che tali organismi non risultino privi di concreta utilità e che, al contrario, siano rispondenti a quelle che sono le esigenze dei cittadini di provenienza non comunitaria, è necessario riconsiderare alcuni aspetti; bisogna predisporre e promuovere riforme organiche e innovare con risolutezza questo ambito al fine di creare strumenti di reale partecipazione alla vita pubblica collettiva.

Ma soprattutto occorre operare una chiara distinzione metodologica tra partecipazione e rappresentanza per evitare la creazione di organismi sospesi tra forme di democrazia concessa e nonsensi istituzionali. È necessario continuare a lavorare sulla partecipazione, aprendo, però, le porte alla rappresentanza e quindi al diritto di voto attivo e passivo per i cittadini stranieri.
Nell’ambito di un percorso di integrazione e democraticità è opportuno procedere da efficaci meccanismi di partecipazione a concreti modelli di rappresentanza, quale il diritto di voto, procedimenti che la società italiana, come già accade in molto paesi europei, sembra ormai pronta ad accogliere, nella realizzazione di un nuovo sistema di diritti per i residenti di provenienza immigrata.

Il riconoscimento e la garanzia di una piena rappresentanza insieme ad una effettiva partecipazione degli stranieri nella vita pubblica locale è, innanzitutto, una questione di democrazia nonché un elemento fondamentale e imprescindibile per una loro inclusione nella vita pubblica del paese di inserimento oltre che per una completa realizzazione della loro dimensione umana.

Maria Carla Intrivici

(1 dicembre 2006)

 


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