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Francia: sciopero degli “irregolari”

by Redazione

Sono più di 600 i lavoratori francesi c.d. san papiers, nei ristoranti e negli alberghi, i quali guidano lo sciopero, iniziato il 15 aprile, che minaccia di bloccare l’attività di una ventina di imprese dell’Ile de France.

La protesta appoggiata dai sindacati di settore mira alla regolarizzazione dei dimostranti. I rappresentanti dei lavoratori hanno presentato a cinque prefetture le domande per divenire regolari sulla base di un “precedente”: la richiesta di 8 cuochi con un contratto di lavoro, conformemente all’art. 40 della nuova legge sull’immigrazione e di una successiva circolare che prevede la possibilità di farla con il sostegno del datore di lavoro (contratto almeno annuale).
Di fronte alle istanze sindacali il governo francese si oppone ad una negoziazione globale sottolineando che verrà esaminata la situazione di ciascun individuo e che la principale politica da perseguire è quella dell’immigrazione regolare, linea confermata dal Presidente Sarkozy nella sua recente intervista televisiva. La legge sull’immigrazione, approvata lo scorso novembre, infatti, prevede l’uscita dalla clandestinità “caso per caso”. Inoltre, il decreto del Ministero dell’Immigrazione del 30 luglio 2007, varato poco dopo l’elezione di Sarkozy, stabilisce che i datori di lavoro devono chiedere il permesso di soggiorno e verificare, quindi, la regolarità del lavoratore assunto.
Le associazioni imprenditoriali locali sostengono la necessità di una vasta regolarizzazione, pur stigmatizzando il metodo sindacale, in quanto, per i datori di lavoro è essenziale il contributo de migranti ad un settore vitale per l’economia francese, evidenziando che è difficile parlare di clandestini quando si trovano di fronte a individui assunti che pagano le tasse. Alcuni parlamentari francesi invitano, inoltre, il Governo ad affrontare la questione coinvolgendo i rappresentanti delle le forze sociali.

La questione dei cittadini stranieri irregolari è al centro del dibattito non solo in Francia, ma in tutti i Paesi europei che sono meta dei flussi migratori, in particolare, negli ultimi anni, in Italia e Spagna, con le connesse questioni della legalità da affrontare.
In Francia si stima che vivano da 200mila a 400mila clandestini, le espulsioni effettuate nel 2007 sono state 23.187, rispetto alle 25.000 previste. Il Governo francese ha indicato come obiettivo quello di aumentare l’immigrazione a scopo di lavoro a scapito della quota dei ricongiungimenti familiari.

La Spagna, che dal 2003 ha conosciuto un aumento considerevole nell’arrivo di migranti (300%) negli ultimi quattro anni, ha adottato una politica severa che, secondo i dati governativi, ha portato all’espulsione di nove irregolari su dieci. Da notare che nel 2005 il governo spagnolo aveva, d’altra parte, attribuito il permesso di soggiorno a 580.000 lavoratori stranieri non regolari.

In Italia l’ultimo decreto flussi assorbirà solo una piccola parte delle 724.026 istanze inviate al Ministero dell’Interno, tanto da far ritenere utile l’emanazione di un nuovo decreto flussi volto ad assorbire tutte le domande valide già presentate a dicembre 2007. È chiaro che bisogna procedere ad una riorganizzazione e riforma del sistema sia in termini normativi che in quelli procedurali ed all’elaborazione di un testo di riforma condiviso e ad una governance coordinata del fenomeno migratorio.

A questo proposito, indubbiamente le politiche nazionali non sono sufficienti richiedendo un inevitabile coordinamento delle politiche relative ai flussi migratori; Il governo degli spostamenti umani deve essere inserito in una dimensione europea. Una politica comune di gestione dei flussi migratori, in ingresso, transito e allontanamento, è inevitabile e sempre più opportuna, non solo stabilendo condizioni condivise di ammissibilità e soggiorno per i cittadini dei Paesi terzi, ma anche sostenendo opportune politiche di integrazione e di coesione sociale.
In particolare, a livello europeo andrebbero studiati meccanismi flessibili per i vari tipi di ingressi dei lavoratori, anche stagionali, strumenti non dettati dall’emergenza e dalle momentanee convenienze di ciascuno Stato o di un determinato settore produttivo, inefficaci nel lungo periodo. Ciò eviterebbe il c.d “l’effetto diversione” che politiche nazionali non coordinate di chiusura o di apertura dei confini provocherebbero. In effetti, i migranti, in particolare i più disperati e risoluti, si indirizzano verso i Paesi che – legalmente o meno – sono maggiormente attraversabili.

Dario Porta

(28 aprile 2008)


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