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Il futuro demografico dell’Europa

by Redazione

Il Parlamento europeo si interroga sul futuro “declino demografico” che si prospetta per il Continente, sulla base di una relazione redatta dalla Commissione per l’occupazione e affari sociali.

Le previsioni demografiche indicano la contrazione della popolazione attiva nei prossimi decenni: il numero dei giovani fino a 14 anni passerà da 100 a 66 milioni, mentre la popolazione in età lavorativa diminuirà costantemente, dato che il numero degli anziani di oltre 80 anni passerà presumibilmente dal 4,1% del 2005 all’11,4% nel 2050. Le modifiche della popolazione comporteranno squilibri territoriali in quanto già alcune regioni dell’Unione Europea presentano saldi demografici negativi rispetto ad altre.

La perdita di competitività internazionale ed i problemi di finanziamento dei sistemi di protezione sociale nei Paesi europei sono all’ordine del giorno dei Governi nazionali, la cui soluzione passa anche dal superamento dello squilibro fra popolazione attiva e non attiva e del previsto aumento conseguente di dipendenza giovani-anziani, che passerebbe dal 25% del 2004 al 53% nel 2050.

Inevitabile che la c.d. “sfida del rinnovamento demografico” debba tenere conto dei flussi dei migranti: oggi circa il 3,7% dei quasi 500 milioni dell’Ue-27 sono cittadini non comunitari. Secondo il rapporto, il “ricorso all’immigrazione è e continuerà a essere un elemento della demografia dell’Unione Europea nonché un apporto positivo dal punto di vista economico, sociale e culturale”. I flussi migratori, quindi, sono visti come fattore positivo “nella costituzione della popolazione europea”.

Auspicate dalla relazione del Parlamento Europeo “politiche nuove” dell’occupazione, degli affari sociali e dell’istruzione per far fronte ai cambiamenti demografici, integrate con quelle dell’ immigrazione .
I fenomeni migratori non vengono considerati come unico rimedio, ma inquadrati nello sviluppo di tali “politiche nuove” di coesione sociale e di solidarietà tra generazioni. I flussi migratori dovrebbero, infatti, bilanciare solo parzialmente e nel breve periodo l’invecchiamento della popolazione non risolvendo le conseguenti problematiche.

Gli squilibri demografici a livello mondiale rischiano – come dice il documento – di aggravare le differenze di sviluppo e le pressioni migratorie.
Infatti, alla diminuzione della forza lavoro nei Paesi industrializzati corrisponde quasi specularmente la crescita della popolazione nei Paesi di origine dei migranti, concentrata soprattutto in zone a rischio anche dal punto di vista ambientale.

A fronte della “sfida demografica” politiche nazionali, europee ed internazionali di governance dell’immigrazione attendono un ripensamento ed una precisa definizione, anche di cooperazione allo sviluppo in partnerariato con i Paesi di origine delle migrazioni, per poi passare ovviamente ai fatti.

Dario Porta

(18 gennaio 2008)


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