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Il terremoto elettorale della Gran Bretagna

by Redazione

Le elezioni amministrative in Gran Bretagna hanno segnato la grande sconfitta del partito laburista che dal primo è sceso al terzo partito nazionale, dietro ai conservatori e ai liberal-democratici.

Autentico campanello d’allarme è, però, un altro: la non trascurabile avanzata del British National Party (Bnp), piccola formazione xenofoba di estrema destra, che ha ottenuto 27 nuovi seggi. E ciò che desta ancora maggiore preoccupazione è che la destra radicale ha vinto in tradizionali roccheforti laburiste, aree abitate da bianchi della classe operaia in cui il Labour ha mantenuto il controllo, ma in cui è evidente il crescente e dilagante radicamento dello “spirito” razzista e xenofobo.

Il Bnp, che a livello nazionale non supera lo 0,2%, chiede severe leggi contro l’immigrazione: profondamente ostile agli stranieri e a una società multirazziale e multiculturale, rivendica l’idea di un Paese di soli bianchi.

Ma qual è la ragione di questo diffuso e allarmante sostegno al Bnp?

In realtà, come è stato ribadito da più parti, non si tratta di semplice razzismo.
È piuttosto un grido di rabbia misto a frustrazione e paura che si leva da aree molte povere della città. Si tratta ancora una volta di quelle “zone di non Stato” in cui la gente si sente abbandonata e delusa dalla politica, periferie in cui regna disordine e criminalità a cui il Governo non sa rispondere o peggio in cui non è presente. Assenza dello Stato, incapacità di far fronte adeguatamente alle esigenze di questa fetta della popolazione, degrado e estrema povertà sono, quindi, le ragioni di tanto consenso. Il partito di Nick Griffin, il leader, ha saputo sfruttare questo vuoto e questa inefficienza, convogliando il malcontento generale – di cui gli immigrati sono il capro espiatorio – verso le proprie idee xenofobe e  intolleranti.

A Londra, nonostante la comune preoccupazione, sono convinti che si tratti di un fenomeno circoscritto.

Il nostro timore è, invece, che non sia così. La classe politica inglese, ma più in generale quella europea, consapevole e preoccupata della propria inadeguatezza, tende a nascondere una realtà che non sa gestire, governare. Questo atteggiamento di ignavia unito all’assenza di opportunità per gli abitanti delle periferie e all’incapacità di crearle rende l’auspicio di una limitata manifestazione del fenomeno poco realistica. Al contrario, perchè la situazione non degeneri, è necessario che la politica esca dal “fortino della gestione del potere” e riscopra la capacità di una proposta civica credibile.

Maria Carla Intrivici

(12 maggio 2006)


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