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Lo scatto del campione

by Redazione

I messaggi di auguri sono cominciati ad arrivare alle 6 di mattina. Le ultime lacrime e le ultime grida della notte del trionfo non si erano ancora acquietate che già arrivavano telegrammi, fax, e-mail. Sarko, Brown, Zapatero, Putin, Morales, Castro, Lula. Una esplosione dovuta ma non rituale, a testimoniare il senso dell’incontro, che solo di rado si realizza, tra il mondo e la storia.
Certo è che si trattava di messaggi rigidamente protocollari dai quali però, guardando bene, qualcosa sfuggiva, a testimoniare un entusiasmo genuino e, per alcuni, travolgente. “Auguri di tutto cuore Presidente”, “Tutti in piedi, passa la storia”, “Auguri fratello”, “Finalmente”. Ecco, cose così.

Ciaonè, 7 novembre 2008

I messaggi di auguri sono cominciati ad arrivare alle 6 di mattina. Le ultime lacrime e le ultime grida della notte del trionfo non si erano ancora acquietate che già arrivavano telegrammi, fax, e-mail. Sarko, Brown, Zapatero, Putin, Morales, Castro, Lula. Una esplosione dovuta ma non rituale, a testimoniare il senso dell’incontro, che solo di rado si realizza, tra il mondo e la storia.
Certo è che si trattava di messaggi rigidamente protocollari dai quali però, guardando bene, qualcosa sfuggiva, a testimoniare un entusiasmo genuino e, per alcuni, travolgente. “Auguri di tutto cuore Presidente”, “Tutti in piedi, passa la storia”, “Auguri fratello”, “Finalmente”. Ecco, cose così.

Il massimo di stonatura che si registrava era nel messaggio di Sarko, che gli faceva gli auguri chiamandolo Barak, dunque dimenticandosi la c, ma era reduce da una notte insonne, può capitare. Barack a quell’ora di certo dormiva o, più probabilmente, ci provava. Stuoli di segretarie in turno di notte, di poliziotti, di agenti segreti, di uscieri, vegliavano sulla sua famiglia e sull’uomo che già dal mattino seguente avrebbe dovuto porre mano ai disastri del mondo. L’incidente sarebbe scoppiato, inatteso e violentissimo attorno alle 8.15, quando la segretaria personale di Obama riceveva un dispaccio dall’Italia che, di colpo, metteva dei limiti al programma di totale cambiamento promesso dal vincitore e al suo enfatico slogan “Yes we can”. Erano i complimenti di Berlusconi, che dopo avergli ricordato che lui lo ha votato, gli raccontava una barzelletta sconcia e gli faceva i complimenti per la crema solare. “Tutto cambia” e “Noi possiamo”, come dice Barack. Ma non in Italia, non fino a quando la sede del governo sarà il Bagaglino.

Ciaonè, 7 novembre 2008


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