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L’Ue contro ogni forma di discriminazione

by Redazione

Il Parlamento europeo si è espresso favorevolmente riguardo alla proposta di direttiva sulla lotta alla discriminazione basata su religione, disabilità, età o orientamento sessuale, al fine di rendere effettiva, negli Stati membri, la parità di trattamento in campi diversi dall’occupazione, completando altre misure che vietano tali discriminazioni nella sfera professionale.
Il provvedimento pone un divieto di discriminazione da applicare a tutte le persone sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene alla sicurezza sociale e all’assistenza sanitaria, alle prestazioni sociali, all’istruzione e all’accesso a beni e servizi disponibili al pubblico e alla loro fornitura, inclusi gli alloggi.

Allo scopo di assicurare l’effettiva e completa attuazione del principio di parità di trattamento, gli Stati membri possono anche mantenere o adottare misure specifiche per evitare o compensare svantaggi connessi a condizioni personali.

Con riferimento a discriminazioni legate all’appartenenza religiosa, il Parlamento propone che i Paesi comunitari possano consentire differenze di trattamento basate su una religione o convinzione nell’accesso ad istituti scolastici, «solo sulla base di giustificazioni oggettive» e «allorché s’intenda esigere … che gli individui agiscano in buona fede e con lealtà rispetto all’ethos dell’organizzazione»; devono, comunque, garantire «che ciò non comporti la negazione del diritto all’istruzione».

Inoltre, secondo la proposta, gli Membri Ue dovrebbero provvedere affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata attuazione nei loro confronti del principio di parità di trattamento, possano accedere – anche tramite associazioni – a procedimenti giudiziari e/o amministrativi.
Gli Stati membri – chiede ancora il Parlamento europeo – dovrebbero introdurre nel loro ordinamento giuridico interno le misure necessarie affinché il danno subito a causa di una discriminazione «sia realmente ed effettivamente indennizzato o risarcito» secondo modalità da essi fissate, «in modo dissuasivo e proporzionato rispetto al danno subito». Riguardo all’onere della prova, spetterebbe alla parte convenuta provare l’insussistenza della violazione del principio di parità mediante la produzione, dinanzi ad un organo giurisdizionale, di elementi di fatto che permettono di presumere l’esistenza di una discriminazione diretta o indiretta.

I Paesi membri dovrebbero, infine, istituire uno o più organismi di parità di tutte le persone indipendentemente dalla loro religione o convinzioni personali, disabilità, età o dal loro orientamento sessuale.

Il Parlamento è solo consultato su questa materia, mentre per l’adozione del provvedimento in seno al Consiglio sarà necessaria l’unanimità.

Maria Carla Intrivici

8 aprile 2009


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