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Più vecchi, più soli: non solo dati, nell’ultima analisi dell’Istat

by Redazione

Quella scattata dall’Istat, infatti, è la fotografia di un Paese che fa sempre meno figli, con i numeri sulle ‘culle vuote’ peggiori della media europea, e che invecchia sempre di più registrando il maggior tasso di over 65 nell’Ue. Un Paese in cui anche gli immigrati arrivano sempre meno e da cui anzi tendono ad andarsene, mentre è in aumento anche il numero di italiani che se ne vanno all’estero a vivere e lavorare, soprattutto in Gran Bretagna. Cerchiamo di capirla anche attraverso la sintesi fatta sul sito (http://ilpiccolo.gelocal.it/) il 26 giugno scorso

Record negativo di nascite. Dal 2009 in poi, in un contesto di crisi sociale ed economica le nascite sono diminuite costantemente fino al record negativo di 514mila nuovi nati nel 2013. Il numero medio di figli per donna è sceso ulteriormente da 1,42 nel 2012 a 1,39 nel 2013, accentuando il divario con la media dei 28 Paesi dell’Ue che era di 1,58 nel 2012. “Circa l’80% delle nascite – scrive l’Istituto nazionale di statistica – proviene da donne italiane, il restante 20% da donne straniere”. Cala, tuttavia, l’indice di fecondità sia delle italiane che delle immigrate: quello delle prime è sceso in 6 anni da 1,34 a 1,27 figli per donna, mentre per le seconde è passato da 2,65 a 2,20. Il tasso di fecondità, in particolare, dopo una fase di recupero tra il ’95 e il 2008 trainata anche dallo spostamento in avanti dall’età media al parto, è tornato a scendere ancora e nel frattempo l’età media delle donne che partoriscono è salita ancora fino a 31,5 anni. Il calo della fecondità, secondo l’Istat, è legato, in particolare, alla “propensione a procreare figli in età sempre più avanzata”. Per le donne immigrate, invece, sembrerebbero prevalere difficoltà oggettive, frutto della recente crisi economica.
Arrivano meno immigrati, ne partono di più. Anche quello che negli ultimi anni ha rappresentato il principale contributo alla crescita demografica del Paese, ossia il fenomeno dell’immigrazione, ha presentato nel 2013 segnali di arretramento: lo scorso anno si sono contati 279mila ingressi contro i 321mila del 2012. Con circa 60mila trasferimenti la Romania, spiega l’Istat, si conferma principale Paese di provenienza (poi il Marocco con 19 mila e la Cina con 18 mila), ma allo stesso tempo gli arrivi di romeni in Italia sono crollati del 25%. Molto significativa è anche la riduzione di flussi provenienti dalla Moldavia (-28%), dalle Filippine (-21%), dallo Sri Lanka (-15%), dal Brasile (-13%) e da Cina e Albania (-12% entrambe). Inoltre, rispetto al 2012, aumentano in modo tangibile i flussi degli immigrati che abbandonano l’Italia, “segno che la crisi economica colpisce in primo luogo i residenti stranieri”. Ben 10mila i romeni rientrati in patria nel 2013 con un aumento del 21%. Tra il 2008 e il 2013 poi sono raddoppiati, da 40 a 82mila, gli italiani emigrati all’estero: la principale meta di destinazione è il Regno Unito con circa 13mila trasferimenti, davanti alla Germania con 11mila e alla Svizzera con circa 10mila. Nel frattempo, nel decennio 1993-2012 “ben 2 milioni 388 mila” persone hanno spostato la residenza dal Sud al Centro-nord.
Sempre più anziani e longevi. Gli uomini e le donne nati nel 2013 possono contare, rispettivamente, su un’aspettativa di vita di 79,8 e 84,6 anni, più che raddoppiata nel giro di un secolo. Nel panorama europeo l’Italia risulta il secondo Paese più longevo tra gli uomini, dietro la Svezia, e il terzo tra le donne, dietro Spagna e Francia. Al 1 gennaio 2014 le persone con 65 anni e oltre rappresentano il 21,4% della popolazione con un ulteriore aumento di due decimi di punto percentuale sull’anno precedente. Nessun altro Paese della Ue, ha calcolato l’Istat, ha una così elevata proporzione di ultrasessantacinquenni, mentre i giovani fino a 14 anni sono scesi al 13,9% del totale, facendo riscontrare una variazione negativa di un decimo di punto.
Meno matrimoni: nel 2013 si è scesi sotto la soglia delle 200mila celebrazioni, un dato che escludendo la prima guerra mondiale è il più basso dal 1880. In questo quadro, infine, le nozze religiose perdono ulteriore terreno nei confronti del rito civile: tra il 2008 e il 2013 la quota di sposi che ha scelto il primo è passata, infatti, dal 63% al 57%.
Aumenta il malessere degli italiani. Mesto anche il ritratto dell’Italia che emerge dal Rapporto Bes2014 stilato da Istat e Cnel. Racconta un Paese piegato su se stessa, chiuso nel privato della famiglia diventata bene rifugio, diffidente verso il prossimo, con poca fiducia nel futuro, insoddisfatto della propria vita e del proprio lavoro. Il malessere è diffuso tra i poveri che diventano più poveri (soprattutto al Sud e se hanno più di tre figli) e tra chi un tempo venivano definiti benestante, sempre più insoddisfatto delle attuali condizioni.
Giovani insoddisfatti. Sempre secondo il rapporto Bes2014 sta crollando fra i venti-ventiquattrenni la soddisfazione per la propria vita e l’ottimismo per il futuro (dal 2011 al 2013 crolla l’indicatore della soddisfazione di oltre 12 punti passando dal 45,8% del 2011 al 32,5% del 2013, sotto la media nazionale di 35%). Dato che si incrocia con il malessere psicologico che sta insinuandosi in modo particolare nei maschi fra i 18 e i 24 anni: per loro l’indice di “benessere psicologico” si è ridotto da 53,4 a 51,7 punti a fronte di un generale calo dell’indicatore, però solo di poco meno di un punto, per tutta la popolazione. Sui giovani si sono scaricati gli effetti economici più negativi della crisi come la progressiva precarizzazione.
Donne: più lavoro, meno tempo libero. Precarie o stabilizzate le donne stanno lavorando di più, ma quando lo fanno, soprattutto se sono giovani e hanno figli piccoli a carico, tutto è contro di loro: cala l’accesso agli asili nido pubblici e ai servizi per l’infanzia, aumentano le difficoltà a conciliare casa e lavoro, quanto al tempo libero meglio, non pensarci, soprattutto sopra i 45 anni.


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