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Verso l’Europa del XXI secolo

by Redazione

I capi dei Paesi membri dell’Unione europea sul finire del 2007, a Lisbona, hanno firmato il nuovo Trattato.
È, dunque, ripartito proprio alla fine dell’anno, il processo di integrazione europea che si era arenato due anni fa in seguito al doppio no di Francia e Olanda alla ratifica della Costituzione europea appena approvata.
Il testo firmato a Lisbona non ha, però, suscitato forti entusiasmi e raccolto pareri decisamente favorevoli. È stato definito «meno ambizioso e più complicato» del precedente documento, «senza ambizione, senza nome, senza simbolo, senza efficienza» – per citare le parole di Napolitano – se non addirittura «illeggibile» secondo Amato.

Ciò che è certo è che il Trattato modifica gli equilibri istituzionali e politici dell’Unione, delineando un nuovo scenario europeo con dinamiche e contrappesi diversi rispetto al passato.
La novità più rilevante: un Presidente del Consiglio dei 27 Stati che resterà in carica due anni e mezzo, non più a rotazione semestrale. Comparirà la figura, per lo più ibrida, dell’Alto rappresentante per la politica estera; maggiori poteri saranno attribuiti al Parlamento e verranno allargate le decisioni a maggioranza qualificata, dalla polizia alla giustizia.
Quest’ultima modifica – che rappresenta sicuramente un aspetto positivo – si presenta in parte controversa: libererà l’Europa dell’empasse del diritto di veto, ma inevitabilmente aumenterà la conflittualità tra i Governi. Prevedendo e incoraggiando le cooperazioni rafforzate nei vari settori tra i diversi Stati, infatti, si creeranno giochi incrociati e delicati equilibri tra gruppi di Paesi che vorranno gestire in modo più integrato alcune politiche, escludendo gli altri. Meccanismi che acuiranno l’incomunicabilità e la competitività all’interno dell’Unione, non certo la coesione e la convergenza.
E in quella che sarà la nuova Europa, nata da Lisbona, ogni Stato membro, conterà per quello che saprà proporre, per il peso decisionale che saprà ottenere e soprattutto per il suo tasso di credibilità sulla scena europea e internazionale.

Le modifiche rispetto al testo precedente sono, comunque, chiaramente tutte volte a lasciare spazio agli ordinamenti nazionali che, al di là delle innumerevoli dichiarazioni di principio pro Ue, in fondo, non vedono di buon occhio restrizioni e ingerenze nei propri “affari interni”.

L’Europa del Trattato di Lisbona sarà, quindi, per definizione una struttura instabile, indebolita rispetto al primo progetto, in bilico tra conflittualità e competitività, in cerca di nuovi punti di equilibrio al di fuori delle istituzioni tradizionali. Però essa rappresenta, in questo momento, quello a cui si possa ambire per portare avanti il processo di integrazione in un’Europa priva di un progetto e di una visione strategici e innovativi. L’obiettivo che ci si è dato è quello di ridare funzionalità e slancio politico ad una Unione europea bloccata; in questa ottica, probabilmente, il Trattato di Lisbona rappresenta l’unica alternativa possibile.

Con l’inizio del nuovo anno spetterà ai singoli Stati membri ridare vigore al processo di integrazione procedendo verso la ratifica del testo del nuovo Trattato prima del 2009, per essere pronti alle prossime elezioni europee.

Maria Carla Intrivici

(3 gennaio 2008)


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