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“Basta piangere!”, con l’autore Aldo Cazzullo abbiamo incontrato gli studenti del Liceo Socrate

by Redazione

Non si sono lamentati, non hanno ceduto alla tentazione di replicare indispettiti, non si sono distratti pensando ad altro, gli oltre cento giovani studenti dell’ultimo anno del Liceo Socrate di Roma durante la presentazione del libro di Aldo Cazzullo, “Basta piangere! Storie di un’Italia che non si lamentava”. Martedì 4 febbraio la terza iniziativa dei Laboratori di manutenzione dell’intelligenza  (promossa dalla nostra associazione già con altri due eventi ), si è svolta in una scuola, di fronte ai giovani direttamente chiamati in causa dal bel libro del noto giornalista del Corriere della sera. La tesi espressa nelle pagine è chiara ed è stata ribadita più volte dall’autore: io non ho nessuna nostalgia dei tempi andati (ha detto), anzi. Considero quell’Italia più complicata, difficile, violenta di quella di adesso. Solo che c’era speranza, voglia di crescere, di migliorarsi, di emergere. E’ questo che ora manca – a voi ma a tutta la società italiana. Che invece ha doti e possibilità inaspettate e forse disconosciute. Sta a voi (e a noi) riprendere in mano il destino che ci appartiene, e provare a fare bene le cose, migliorare i rapporti, valorizzare le risorse, scoprire nuove strade di sviluppo (una, la cultura è ritornata più volte nelle parole di Cazzullo).

Bene: chiarito che “Basta piangere!” non è un richiamo ma una parola d’amore, le voci che si sono alzate per fare domande da parte dei ragazzi, sono state altrettanto nette. Per Noemi la storia più volte richiamata (quella dei padri e ei fratelli maggiori) a volte sembra oppressiva e ingombrante per i più giovani, fino ad espropriarli di scelte autonome. C’è bisogno di richiamarla sempre? E poi: “perché voi grandi non ci avete insegnato il sacrificio e la capacità di soffrire e quindi di smetterla di piangere? E l’autocritica di Cazzullo giunge puntuale: hai ragione, risponde, ma attenta a non considerare la memoria come una palla al piede, perché non tutti hanno la fortuna di avere nonni o genitori che ricordano quel che siamo stati. La storia serve anche a capire da dove veniamo e dove possiamo andare.

Edoardo ha ricordato che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, sulla Carta, almeno … E nei fatti? E su questo l’autore non ha fatto obiezioni teoriche. E come si può, visto i dati… Ma ciò non toglie, ha ricordato, che le possibilità ci sono e che nel mondo, l’immagine Italia e i suoi prodotti (materiali e immateriali) crescono in considerazione e potenzialità. Si può allora provare ad investire anche in quei campi.

E così Ludovica che, provocatoriamente ricorda che quando si parla con gli adulti spesso ci si sente obiettare che le scelte di futuro impostante solo sulle passioni (tipo la laurea in Filosofia…) non incardinate su prospettive concrete di occupazione (“e poi che fai?) ricevono dissensi palesi: allora come si fa, ha chiesto la studentessa, ad impostare il proprio futuro. Risposta: bisogna insistere e crederci fino in fondo.

Una chiacchierata di due ore calda e sincera, in cui i ragazzi si sono trovati di fronte un giornalista che – per sua ammissione – ha incontrato molte persone nel suo girovagare per l’Italia per la presentazione del libro, ma mai con un pubblico così giovane, proprio quello a cui è indirizzata quella che è stata definita una lunga lettera ai giovani d’oggi.

Nella speranza (e a sentire le opinioni prese a caldo dai ragazzi sull’incontro, pare proprio sia realtà) che siano rimasti semi di ottimismo negli ascoltatori: perché come scrive a conclusione Aldo Cazzullo, “il futuro dipende soprattutto da noi, dalla nostra capacità di studiare, di crescere, di sacrificarci, di cambiare”. E sì, scrive proprio così, rivolto a tutti noi italiani, e non solo alle giovani generazioni. Perché l’Italia che abbiamo, secondo il giornalista, pur malandata e depauperata continuamente, “è l’unica Italia che abbiamo. Criticarla è giusto; si critica quel che si ama. Ma non possiamo gettarla via. Possiamo renderla migliore, un poco alla volta, ognuno per la sua parte. Senza piagnucolare, però: compiangerci non serve a nulla. Basta piangere.”


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