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INSICUREZZA SOCIALE E GITE DI CLASSE

by Redazione

Da una analisi pigra e superficiale si potrebbe desumere che al cospetto della crisi economica globale, della questione israelo – palestinese, delle elezioni in Iran del giugno prossimo, del disastro ecologico e della possibilità dell’uomo di decidere sul fine vita, il tema delle gite scolastiche sia accessorio o, addirittura, trascurabile.

Registriamo però che con grande attivismo, due prestigiosi ministri del governo italiano in carica, Bondi e Gelmini, stanno per siglare una intesa che scoraggi l’eccesso di gite scolastiche, soprattutto all’estero. Non si può, secondo loro, col pretesto dell’escursione culturale, incoraggiare comportamenti lascivi dei gitanti: birra, sesso, ore piccole e foto col telefonino. Se devono proprio far finta di volersi acculturare, vadano in Italia, almeno i soldi buttati restano in Patria.

Dal canto suo il governatore del Lazio Marrazzo, indimenticato conduttore di trasmissioni dedicate a consumatori frodati perché pistola, ha annunciato che ben presto guiderà un convoglio con due decine di studenti a visitare le Foibe. I maliziosi pensano che Marrazzo aspiri a recuperare qualche voto nel quartiere giuliano dalmata dell’Eur, io invece credo, e invito altri a credere, che il Marrazzo sia proprio stato preso d’assalto sul suo blog da torme di quattordicenni che col pensiero dell’irredentismo friulano non ci dormono la notte.

Come si può vedere anche solo da questi brevi estratti di cronaca, la questione delle gitarelle sta per esplodere e appena sarà dimenticata la vicenda Englaro, ci vorranno un paio di giorni ancora, diverrà la nuova battaglia che dividerà la coscienza civica del Paese. Da recenti sondaggi emerge un popolo famelico e desideroso di conoscere il pensiero della Binetti e di D’Alema al riguardo.

E visto che sui grandi temi etici non si può restare neutrali, mi permetto di prendere sommessamente la mia posizione: i ragazzi in gita scolastica hanno sempre fatto casino, pomiciato in fondo ai pullman, tirato uno spinello, sentito musica. Quelli che non lo fanno da giovani, lo fanno da anziani e allora sì che diventano maschere tragiche. Non facendo l’insegnante, non posso offrire la prova che io quei giuggioloni in gita ce li porterei lo stesso; da padre però, le mie figlie di tredici e dieci anni, le porto anche ai concerti e a qualche mostra (oltreché tagliarmi con loro dalle risate con mister Bean). Ce le porto perché se anche una sola nota od un compromesso cromatico rimarranno loro in testa, saranno delle italiane migliori.

Dunque sì al Prater di Vienna e sì alle visite al Louvre e al Gemaldegalerie; sì alle dolorosissime visite ad Auschwitz e sì alle Foibe; ma sì anche alle gite in patria. Ne suggerisco un paio: a Treviso c’è un parco e c’erano delle panchine, dove dormivano gli sfigati, un sindaco le ha fatte togliere e gli sfigati che vadano altrove. La seconda a Castelvolturno (Caserta), dove c’era un ghetto e dentro mille immigrati; un ghetto dove una mano italianissima e assassina diede fuoco anni fa. Né le panchine, né il ghetto ci sono più, ma se ci portate i ragazzi loro saranno capaci di vedere quello che i grandi hanno voluto dimenticare.

Fabrizio Molina

11 febbraio 2009


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