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LA FOTOGRAFIA

by Redazione

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Una delle più belle e struggenti canzoni che siano mai state scritte: composta da quel genio allucinato che era Enzo Iannacci. La Fotografia. Andatela a sentire o a risentire. Morirei dalla voglia di raccontarla a chi non la conosce ma la ucciderei. Passa in un lampo dalla sua bocca al cuore e non riesci più a dimenticarla.

La maggior parte delle foto sono foto, poche sono manifesti politici, atti d’amore, di compassione, di qualcosa di più alto e di più lontano.

Le migliori non sono quelle che mostrano ma quelle che dicono. Per giunta, senza l’intralcio della parola.

Senza scavare troppo nel passato remoto: la foto del cadavere di Moro nella R4 in via Caetani, la statua di Saddam che cade nella polvere di una Baghdad liberata, il viso della ragazzina afghana in un numero del National Geographic. Quella del viaggio di nozze dei miei zii paterni negli anni ‘50. Foto pubbliche o private che dicono qualcosa o anche molto dell’occhio di chi le scatta e di ciò che viene fotografato.

Guardate quelle di questi giorni sui giornali e perfino di oggi: le imperscrutabili espressioni dei dementi assassini dell’Isis e del loro ultimo trofeo umano, la faccia attonita di un ucraino che non riesce a credere che quella bomba conficcata dai russi nel centro abitato possa essere vera.

E poi quella crepuscolare di quel che resta di Berlusconi, quella ancora extra terrestre di Mattarella, quella furbina di Renzi e ancora Obama, Tsipras, Merkel. Ognuno a rincorrere i suoi guai, avrebbe detto Vasco.

E infine quella di Marino, circondato da tre o quattro assessori di Roma, con gli scarponcini colorati da Mazinga che calpestano il nuovo logo: non più Romacapitale ma Rome &You. E anche qui, come per la canzone di Iannacci, mi mancano le parole per descrivervi le facce.

 

Fabrizio Molina

 


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