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L’omicidio della satira

by Redazione

La cosa che mi viene in mente dopo la carneficina al giornale satirico Charlie Hebdo, è l’ironia con cui la storia ci ha contraddetto. La mia generazione e quella precedente hanno imparato dai nostri coetanei del maggio francese un sacco di cose, moltissime giuste, qualcuna sbagliata. Era il 1968 e alcune di quelle cose venivano riassunte in slogan. Uno diceva: “una risata vi seppellirà”!

Oggi verrebbe da pensare che i tre terroristi in Francia abbiano seppellito noi e soprattutto la nostra risata. Quando muore qualcuno per mano di qualcun altro e per qualunque delirante ragione, la tragedia è sempre grande; ma quando attaccano la satira e chi la fa, io soffro di più. La satira è intelligenza, libertà, sberleffo, irriverenza, delicatezza d’animo, autoironia costante (non si riesce a prendere in giro nessuno se non si è abituati a farlo costantemente con se stessi).

La satira è opera buffa che si fa prezioso incunabolo, manoscritto unico, corda altissima della nostra sensibilità. La satira è la conquista più alta della società occidentale, basti dire che la parola stessa è sempre preceduta dal sostantivo “diritto” e dalla particella “di”, diritto di satira, tre parole che stanno sempre insieme. Non è il diritto a consentire la satira, ma la satira a dare un senso al diritto. Se non posso sfottere, non posso vivere.

Certo non si può chiedere a chi sventra e stermina in nome di grugniti mentali che si ostinano a chiamare idee, di essere d’accordo con me, ma si può chiedere agli occidentali, agli europei e oggi in particolare ai francesi, di non cadere nel tranello: so e capisco il risentimento, se tra quei 12 morti ci fosse mio fratello io pure vorrei vendetta, ma se si perdono il senso più profondo di ciò che siamo e siamo stati, inducendoci a cambiare, allora sì che abbiamo perso, allora sì che per la nostra civiltà non c’è futuro. Se resistiamo a questo, su tutto il resto possiamo vincere.

Fabrizio Molina


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