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Se non lo fa nessuno, vi chiedo scusa io

by Redazione

In questi giorni mi passano spesso davanti agli occhi i molti volti di donne che ho conosciuto. Ne cito alcuni un po’ alla rinfusa: Silvana Annunziata, mi ha insegnato lettere al liceo Orazio di Roma. Donna di smisurata umanità. Materna e forte come solo una donna non sposata, fisicamente fragile e senza figli sa esserlo. Se ho in me tracce di umanità, lo devo molto a lei.

Gigliola Fioravanti, storia e filosofia, stesso liceo. Marxista e femminista; fece a pezzi un mio compagno leccone che voleva compiacerla parlandogli male di Giovanni Gentile. Non sopportava chi lodava o condannava senza conoscere e, soprattutto, odiava il servile oltraggio.

Rossana Rossanda, che non usava mai il termine “femminista”, diceva donna e ci sembrava bastasse. In quel “ donna”, c’era orgoglio, responsabilità, civismo, amore.

Sandra Codazzi; per una breve stagione senatrice democristiana. Era stata portaordini partigiana che era una bambina. Seppe stare sempre dalla parte giusta.

La signora Augusta, portiera dello stabile dove abitavo da bambino; non si arrabbiava quasi mai ma se noi ragazzi si faceva casino quando nel palazzo c’era un ammalato, erano guai.  La signora Anna, che gestiva un negozio da fornaio, un marito difficile e cinque figli. Donna che portava il sacrificio con il sorriso e in quel sorriso c’era bontà e saggezza.

Poi sono cresciuto e ricordo tanti nomi di donne giovani, forti e comunque belle, che mi hanno convinto che la vita, malgrado tutto, continua e ricomincia sempre. Si apprezzerà che non cito e non elogio la donna da cui sono nato, quella che ho sposato, di cui sono padre o fratello….mi sembrerebbe di cattivo gusto.

Naturalmente ho conosciuto anche donne di piccola o nessuna virtù, esattamente come mi è capitato con gli uomini. Da loro ho cercato di stare alla larga per come ho potuto, senza giudicare troppo, cercando di non farmi cambiare.

Ma a nessuna di loro ho mai pensato che dovesse o potesse capitare di essere divorate dal drago.   Non lo meritano comunque e in nessun caso. Forse è per questo che molti stentano a credere, perché è difficile concepire tanto abisso. Come fa un nonno, un padre, un fratello, a credere che da qualche parte, come negli antri delle favole, si annidi un vecchio la cui malattia ha bisogno di ingoiare giovani donne come al diabetico serve l’insulina?

Vorrei dire altro, vorrei urlare, piangere di rabbia e di sgomento ma, non so a voi, a me questa storia più ne so e più mi fa venire da vomitare. E allora la pianto, ma prima chiedo scusa a tutte, alla virtuosa e alla peccatrice, alla giovane e all’anziana. Vi chiedo di scusarmi e di scusarci per non aver saputo evitare che potesse realizzarsi il peggiore degli incubi, il più immondo, il più inquietante. Di scusarci per essere solo capaci di essere gli uomini che siamo e non è davvero un granchè…Ci risveglieremo un giorno, ne sono certo, ma non sarà merito nostro.

Fabrizio Molina

27 gennaio 2011


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