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Uomini soli al comando

by Redazione

C’è una cosa che mi colpisce allo stomaco quando penso a Renzi, al sindaco Marino, persino a Grillo, uno che, pur da cristiano, faccio tanta fatica a considerare mio fratello. Mi colpisce la loro sconfinata solitudine, che poi è quella di molti fra noi. E ho dei rimpianti, sì dei rimpianti, il più fuorimoda dei sentimenti.

Non rimpiango né i comunisti né i democristiani, ma mi manca quel tempo in cui essere democristiano o comunista non era solo un sistema facile per definire l’avversario, ma anche il più caldo dei modi per sentirsi parte di qualcosa, di una comunità magari. Era quel certo particolare modo per essere, almeno in certi momenti, fratello, amico o compagno di altre donne e altri uomini.

Lo so anche io che quel tempo non era affatto rose e fiori, ma guardate l’oggi: l’uomo solo al comando cammina solo, senza scorta, in bici e con l’ipad perché non solo fa fino, ma da’ l’illusione che essere connesso sia sinonimo di “stare insieme”.

Non siate sbrigativi, vi prego, non datemi dell’uomo delle caverne: credo che occorra stare immersi appieno nella modernità, credo che non si possa scrivere con la penna d’oca, che il protagonismo individuale non sia, di per sé, un male.

Credo solo che esistano delle costanti nella vita dell’uomo e delle comunità: il giusto e l’ingiusto, il buono e il cattivo, il bello e il brutto. Ed esiste la vocazione prevalente, direi il bisogno costitutivo dell’uomo, di appartenere, di fare parte, di definire la propria esistenza nella relazione. E questo non annulla l’individuo ma lo esalta e lo rende speciale.

E questa vocazione, questa consustanzialità tra individuo e sua vocazione sociale è ciò che ci definisce come esseri umani. Inutile fare le mille citazioni e i mille nomi che nel passato anche recente hanno tentato di spiegare che la solitudine ci rende peggiori, tanto non servirebbe. Chi, infatti, cambierebbe idea se citassi preti, rabbini, teologi, politici, insegnanti, missionari, filosofi che hanno detto frasi belle e celebri dandomi ragione?

Dobbiamo percorrere fino in fondo quest’altra follia dell’uomo solo al comando, dell’uno contro tutti, di un ennesimo malinconico Rambo magari di provincia. Quello stesso Rambo che alla fine di uno dei film in cui incendia l’America praticamente da solo, buttato a terra, sfinito, chiede al suo vecchio colonnello piangendo:” dove sono tutti quei ragazzi che erano con me in Vietnam?”

Fabrizio Molina, 28.2.2014

 


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