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Venti meno uno

by Redazione

di Antonio Soviero

Nessun luogo è lontano festeggia 20 anni. A me ne manca uno. Sono infatti arrivato in associazione 19 anni fa.

Ricordo come fosse oggi. Un giorno di primavera, era il 1999, collaboravo come autore testi in una Rubrica settimanale di Rai Uno, il responsabile mi convocò per dirmi:

C’è un presidente di un’associazione, vicina ai Missionari Scalabriniani, che ha bisogno di un addetto stampa per un Meeting nazionale.

Non so se me la sento, non ho mai fatto l’addetto stampa, risposi.

– Vacci a parlare, sei giovane, è una bella esperienza. Insistette.

Ascoltai il consiglio e andai a incontrare il presidente di quest’associazione che non avevo mai sentito: Nessun Luogo È Lontano.

L’appuntamento era sotto il monumento a San Francesco d’Assisi di fronte alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Mi sembrò di buon auspicio: qualche anno prima avevo lavorato all’interno dell’organizzazione di un importante evento internazionale proprio nella cittadina cara al Poverello.

Ero giovane, con i capelli tutti neri e poca esperienza. Oltre a Rai Uno, collaboravo con tre, quattro testate, ma niente di fisso. Avevo le mani sudate. Arrivai in orario, lui era già lì ad aspettarmi.

–   La ringrazio dottore di aver accettato il mio invito. Mi disse.

L’inizio non era incoraggiante, non ero abituato a queste formalità.

–   La prego, diamoci del tu, se per lei va bene.

Fabrizio Molina, l’uomo dell’appuntamento, mi disse che cercavano un addetto stampa per un Meeting sull’integrazione, in programma a Loreto nel mese di luglio. L’anno precedente, quello del primo Meeting, se ne era occupato un noto giornalista di un importante quotidiano nazionale. E per il secondo volevano puntare su un giovane con cui continuare la collaborazione anche dopo la manifestazione.

Sarà stata la mia giovane età, il sogno di lavorare nel mondo del giornalismo o una buona dose di sfacciataggine, magari tutte e tre le motivazioni insieme, fatto sta che dissi:

–       Io non sono quello lì, non ho la sua esperienza, ed è evidente. Ma la cosa non mi preoccupa. Io me la sento!

Negli anni Fabrizio mi ha più volte ricordato il nostro primo incontro, prendendomi in giro per la sfacciataggine, che comunque lo colpì positivamente.

Parlammo anche di soldi. A quell’epoca guadagnavo poco, quindi erano benedetti quelli che mi si prospettavano. Ma in quel momento per me contava anzitutto ottenere l’incarico. Al meeting partecipavano Ministri e personalità di rilievo nazionale.

Passò, credo, se la memoria non mi inganna, qualche giorno e Fabrizio mi chiamò e mi disse:

–       Abbiamo deciso di accettare insieme a te questa sfida!

Ringraziai e fissammo un nuovo, primo appuntamento di una lunga serie.

Il mio primo Meeting dell’integrazione fu aperto da un’intervista in esclusiva all’allora governatore della Banca d’Italia. Per la prima volta Antonio Fazio parlava di Immigrati come “una risorsa economica per il Paese”. Un colpo che riuscì a mettere a segno grazie al caro amico Giorgio Piacentini. Diversi giornali mandarono un inviato, fra cui “La Repubblica” e il “Messaggero”.

La fiducia nei giovani

Ho voluto condividere questo piccolo episodio, che riguarda il mio ingresso in associazione, perché una qualità, non l’unica, che mi ha sempre colpito in Fabrizio Molina e nel suo braccio destro, Claudio Movarelli, è la loro inesauribile fiducia nei giovani. Negli anni ne ho visti tanti “passare” da Nessun luogo è lontano. Ognuno poi ha preso la sua strada, come è giusto che sia.

Alla fine di Meeting ne ho fatti tre, e in mezzo abbiamo avviato tanti progetti sociali, momenti di inclusione per persone, famiglie lasciate ai margini delle periferie esistenziali. Qualcuno resiste ancora, come Semina e Peace.

Sono stati tre anni ricchi di incontri ed esperienze che fanno parte del mio essere oggi.

Nei successivi 16 anni sono stato sempre accanto a Nessun luogo è lontano e a Fabrizio, un amico vero. Ogni volta che mi ha chiesto una mano per pensare un evento o arrivare a un ospite ho cercato di “portare a casa il risultato”. Non sempre ci siamo riusciti, ma tante volte c’è andata bene.

L’ultimo pensiero lo spendo per le tante belle persone che ho conosciuto in associazione. Alcuni non ci sono più, ma il loro ricordo è ancora vivido in me. Come padre Beniamino Rossi, da cui ho imparato che «Dio è debole e non forte, invincibile, vendicativo».

 

Meeting di Loreto, 23-29 luglio 2000. Da un articolo di “Repubblica”, la sintesi dell’intervento dell’allora governatore della Banca D’Italia, Antonio Fazio, quando per la prima volta affermò che l’immigrazione era una ricchezza, per il nostro Paese. 

Fazio: Saranno gli immigrati a salvare le pensioni italiane
LORETO – Gli immigrati serviranno a salvare le nostre pensioni. Il governatore della Banca d’ Italia Antonio Fazio torna a picchiare sul tema della previdenza aprendo nuove prospettive di lungo periodo. “L’Italia ha bisogno dell’immigrazione – ha detto Fazio in una videointervista trasmessa durante il II Meeting internazionale per l’integrazione organizzato dai missionari scalabriniani – è una ricchezza vitale per il nostro paese dove, ormai, nascono meno di 1,3 bambini per ogni coppia”. Quadro demografico che, sempre ieri, ha ricevuto una ulteriore conferma dalle proiezioni di Eurostat secondo le quali l’Europa invecchia e l’Italia, fra i paesi Ue, sentirà più degli altri l’impatto di un trend che avrà “profonde conseguenze sui sistemi pensionistici e sulla spesa sanitaria”: nel 2025 quattro delle cinque regioni più “anziane” del continente saranno italiane (Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Toscana), mentre fra le dieci più “giovani” non ne figurerà neanche una. L’ufficio statistico dell’Ue getta lo sguardo sul domani e sul dopodomani dell’Unione, fotografando la generale tendenza all’ invecchiamento della popolazione. Un fenomeno che è il risultato dal declino delle nascite negli ultimi decenni, ma anche dalla costante riduzione dei tassi di mortalità in classi d’ età avanzate. Tornando all’intervento del governatore, le sue parole costituiscono la premessa per un messaggio che oltrepassa l’etica e si inserisce nel dibattito economico di questi giorni. “Dobbiamo vedere queste nuove forze che arrivano in Italia – ha aggiunto il governatore – come una risorsa da inserire e integrare, come fonte di ricchezza e di sviluppo economico e sociale per il nostro sistema. Dobbiamo riflettere sull’ apporto dell’immigrazione come risorsa economica”. La sortita di Fazio naturalmente non esclude gli interventi di breve periodo che da più parti vengono considerati necessari sull’ età pensionabile e sulla revisione del sistema di calcolo, tuttavia apre uno spiraglio di ottimismo sui primi decenni del prossimo secolo oggi giudicati fortemente a rischio per l’effetto del calo demografico. La voce del governatore non è destinata a restare isolata: la Ragioneria generale dello Stato sta per diffondere uno studio articolato sugli effetti positivi dell’immigrazione sulle pensioni e ieri il direttore generale dell’Inps ha fornito le inedite cifre dell’effetto-immigrati sulla previdenza. Nei vent’anni che vanno dal 1990 al 2010 i contributi versati dagli immigrati al sistema previdenziale italiano ammonteranno a circa 70 mila miliardi. Un trend in crescita che passerebbe dai circa 1.000 miliardi del ’90, pari a circa l’1% del Pil, ai 6.900 miliardi del 2010 quando i contributi degli extracomunitari raggiungerebbero il 2,2% del Pil. “Dall’ integrazione degli stranieri nel mercato del lavoro – ha detto Trizzino – il sistema Italia trae benefici importanti: attualmente ci sono 38 mila extracomunitari impiegati nel settore metallurgico e meccanico e 15 mila nei settori della chimica e nella gomma”. Un quadro in grande movimento che, secondo i dati elaborati dall’ Inps, porterebbe i lavoratori extracomunitari dagli attuali 799 mila (1,4 per cento della popolazione) ai circa 2 milioni e 100 mila nell’ anno 2025 quando raggiungerebbero il 3,6% della popolazione. Ma anche la strada del “melting pot” previdenziale non è tutta in discesa: una norma della riforma Dini del 1995 impone di rimborsare i contributi ai lavoratori stranieri che tornano a casa: una maggiore integrazione e maggiori prospettive in Italia per gli extracomunitari consentirebbero di evitare emorragie da questo fondo che ha rimborsato 3,8 miliardi nel ‘ 97 e 14,6 lo scorso anno.

dal nostro inviato ROBERTO PETRINI, 31 luglio 1999

 


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