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Brasile: perché sono importanti le elezioni del 7 ottobre

by Redazione

Di Vincenzo Pira

Il 7 ottobre si terranno in Brasile elezioni per scegliere il presidente della Repubblica e i parlamentari. Sono elezioni di particolare rilievo per tutto il continente. E non solo.

 

Il sistema elettorale per quanto riguarda l’elezione del presidente si basa sul doppio turno: se nessuno dei candidati alla prima tornata dovesse riuscire a conquistare la maggioranza assoluta, allora si procederà a un ballottaggio in data 28 ottobre tra i due più votati. Si voterà anche per eleggere il Congresso Nazionale che in Brasile è bicamerale: c’è la Camera dei Deputati (il mandato dura 4 anni) e il Senato Federale (il mandato dura 8 anni). Per il Senato l’elezione avviene in modo regionale, ogni regione elegge tre senatori a prescindere dalla grandezza, mentre per quanto riguarda la Camera i deputati vengono eletti in maniera proporzionale su base nazionale.

La situazione istituzionale è drammatica: la Costituzione approvata nel 1988 è stata modificata più di 80 volte ed è in crisi la tenuta dello Stato di diritto e la qualità della democrazia.

La presidente Dilma Roussef è stata destituita dal Parlamento da una discutibile scelta che è tutta politica (in tanti parlano di colpo di stato) e non costituzionale. Accuse che sono state poi addossate anche all’attuale presidente Michel Temer che è accusato anche di corruzione.

L’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, in carcere per una condanna di corruzione, è stato in testa ai sondaggi finché i giudici non hanno bloccato la sua corsa impedendo la sua candidatura.  Era il candidato favorito da tutti i sondaggi con grande probabilità di vincere sicuramente al secondo turno.

Il PT ha allora candidato Fernando Haddad con una campagna elettorale partita in ritardo e con una previsione iniziale di consensi molto bassi (il 4 % nei sondaggi). Oggi è oltre il 20 % e quasi sicuro di andare al secondo turno delle elezioni.

La campagna elettorale è stata insanguinata il 6 settembre 2018, quando il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro è stato accoltellato durante un comizio a Juiz de Fora, nello Stato di Minas Gerais. L’autore è risultato essere un uomo di 40 anni con problemi psichiatrici. Bolsonaro, candidato col Partito Social Liberale (Psl), è stato ricoverato d’urgenza e il 13 settembre è stato operato con successo. È oggi in testa ai sondaggi con oltre il 30 % dei consensi.  In Italia il ministro Salvini auspica la sua vittoria

La campagna si sta polarizzando e in questi ultimi giorni si definiscono già possibili alleanze per il secondo turno.

Esiste in Brasile un forte sentimento contro il PT e contro la possibilità di un ritorno indiretto di Lula al governo del paese.  L’elite economica, militare e i grandi mezzi di comunicazione (giornali e TV e reti online) si uniscono contro tale possibilità utilizzando ogni mezzo. La destituzione della presidente Roussef, l’arresto di Lula, impedendogli di partecipare alle elezioni, sono dal punto di vista giuridico contestati da giuristi nazionali e internazionali come ferite allo stato di diritto. Si sono fatte promesse di perdono a “pentiti” affinché accusassero Lula e il PT di corruzione. Con indizi mai provati e con prove inesistenti.

Jair Bolsonaro, seppur poco tollerato dai liberali e conservatori democratici, calamita tutti i consensi di chi vede come priorità impedire che il PT e il suo programma elettorale prevalgano.

I suoi avversari, in una possibile coalizione democratica per il secondo turno, sono divisi e si farà fatica a gestire un comune accordo di governo che coinvolga una alleanza con  Ciro Gomes, Marina Silva e altri partiti minori.

La vittoria, da non escludere assolutamente, di Jair Bolsonaro, porterebbe a un programma di governo che aumenterebbe le distanze tra privilegiati ed esclusi. Le risorse dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi recentemente scoperti non sarebbero utilizzati per combattere la povertà ed ampliare i diritti di  accesso alla formazione e all’inclusione sociale ma aumenterebbero le disparità e i conflitti sociali.

L’unione dei candidati che non vogliono questo è non solo auspicabile ma doverosa.  Sperando di evitare la vittoria delle destre nel primo turno.


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