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Facciamo pace con il cervello, ma forse non basta…

by Redazione

di Vittorio Sammarco

Leggo di osservatori politici internazionali commossi davanti alle immagini provenienti dall’Afghanistan che mostravano le lunghe file di persone ai seggi elettorali. Pazienti, disciplinati, in molti (e molte) hanno rischiato la vita minacciati dai talebani, ma felici per un principio di democrazia che andava consolidandosi nel loro Paese.

Sento, alla presentazione dell’ultimo Rapporto del Centro Astalli, di giornalisti che commentano la mancata condivisione della stessa empatia alla vista d’immagini in Tv di bambini e di donne profughi e quelli presenti, in carne e ossa – molte ossa, poca carne – nelle nostre strade, di fronte casa nostra, nelle piazze che frequentiamo.

Insomma il potere dell’immagine, vecchia storia, ha un forte impatto sulla nostra sfera emotiva. Ma poi? Che scelte facciamo? Quella stessa democrazia che ci piace lontana, ci fa storcere il naso se la si chiede anche per chi vive, produce e paga le tasse qui da noi. Un diritto di voto (almeno per le elezioni amministrative ) che alcuni giudicano una specie di cessione di sovranità…

Quelle stesse lacrime e sofferenze di persone vere che chiedono asilo e assistenza politica perché scappano da Paesi in cui la situazione è terribile, trovano lontano dai riflettori, invece, risposte segnate dal fastidio, o al più marcate dalla classica risposta ipocrita, “sì, ma aiutiamoli a casa loro”. E intanto, i fondi per la cooperazione allo sviluppo sono stati praticamente azzerati (e non è che fossimo di manica larga negli anni passati…)

Ebbene: spesso, in tono ironico, si usa invitare a “fare pace con il cervello”. Noi forse dovremmo anche imparare a fare pace con altri organi: occhi, pancia, cuore e mani. Soprattutto mani e braccia, che si ritraggono impaurite come solo i ricchi sanno fare quando gli occhi non vogliono dire di aver visto.

V.S.

 


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