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Sanzioni contro il lavoro straniero irregolare

by Redazione

La Commissione Europea lo scorso 16 maggio 2007 ha adottato, su proposta del Commissario per Giustizia, Libertà e Sicurezza Franco Frattini, una proposta di direttiva che prevede sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare.

Scopo del provvedimento è di garantire, partendo dalle misure già esistenti nei Paesi membri, l’introduzione e l’applicazione in tutti gli Stati comunitari indistintamente di sanzioni analoghe per i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi che soggiornano illegalmente nell’Unione Europea, al fine di colpire specificamente l’offerta di lavoro rivolta a questi ultimi.

Secondo il progetto comunitario, il datore di lavoro, prima di assumere un cittadino non comunitario, è tenuto a verificare che questo abbia un permesso di soggiorno, non sarà così perseguibile. Chi, invece, impiega migranti in posizione irregolare senza avere svolto le necessarie verifiche preliminari sarà passibile di sanzioni amministrative: multe, rimborsi di salari arretrati, tasse e contributi di sicurezza sociale, perdita di sovvenzioni (anche di finanziamenti UE) ed esclusione da appalti pubblici, fino a cinque anni.
In caso di recidiva, di impiego di un numero considerevole di sans-papiers, di condizioni di particolare sfruttamento così come della consapevolezza del fatto che il lavoratore è vittima della tratta di esseri umani, il provvedimento contempla delle misure penali.
La proposta prevede, quindi, sanzioni per i datori di lavoro, sia persone fisiche che giuridiche, e non anche per i lavoratori, a cui sarà possibile rilasciare permessi di soggiorno per un periodo limitato, in funzione della durata dei procedimenti nazionali.

Nel mercato del lavoro europeo la quota di lavoratori migranti che confluisce nel sommerso è indubbiamente consistente. Secondo le recenti stime, in Europa risiedono da un minimo di 4,5milioni ad un massimo di 8milioni di clandestini (statistiche Onu). Manodopera irregolare presente in tutti i settori dell’economia europea, in particolare alberghiero, edilizia, agricoltura.
E questo elevato tasso di irregolarità, che produce ulteriore illegalità e, dunque, sommerso, si traduce inevitabilmente in una situazione di precarietà, se non di carenza, di tutela di diritti, nonché crea fenomeni di concorrenza sleale, con effetti distorsivi delle regole del mercato del lavoro e il proliferare di nuove forme di marginalità sociale.

Il radicarsi di queste deleterie dinamiche anche in Italia, ha reso necessario l’intervento del Governo che ha approvato recentemente un apposito disegno di legge sull’argomento, tramite cui introdurre nuove e più incisive misure di contrasto alle gravi situazioni di sfruttamento della manodopera non comunitaria irregolare.
Il provvedimento, dopo aver chiarito cosa si intende per situazione «di grave sfruttamento» nei confronti di uno straniero nell’ambito di un rapporto di lavoro clandestino e indicato le relative sanzioni amministrative e penali, estende la possibilità di rilasciare il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale agli stranieri irregolari vittime di sfruttamento.

A differenza della direttiva europea, quindi, non si intende soltanto scoraggiare il datore di lavoro, attraverso un inasprimento delle sanzioni amministrative e penali e – a livello comunitario – un’armonizzazione della normativa, ma si prende in considerazione anche la situazione del lavoratore straniero vittima di sfruttamento e i suoi diritti, tra cui la possibilità di un suo inserimento regolarmente nella comunità.

La disciplina repressiva dell’utilizzazione illecita di lavoratori migranti non può essere scissa da azioni coordinate di effettiva salvaguardia dei loro diritti, solo in tal modo si potranno individuare efficaci misure di emersione del lavoro sommerso per condurlo nel circuito della legalità e, parimenti, predisporre adeguate azioni di eliminazione del fenomeno di concorrenza sleale.

Maria Carla Intrivici

(31 maggio 2007)


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